Chiacchiere di vino, musica e cucina/Slowfood

Uno spazio in cui leggere in anteprima e dibattere gli articoli della rivista italiana di Slow Food: osterie e locande d'Italia, recensioni, Presìdi, inchieste, desco music, itinerari del vino e dell'olio, balloons, biodiversità, Comunità del cibo, degustazioni, cultura alimentare…

1/08/2007

Badiamo alla nostra casa (di Carlo Petrini)

Editoriale del Presidente Internazionale di Slow Food, che trovate qui.

Sono appena finite le corse su e giù tra i padiglioni del Lingotto e l’Oval, terminate ma ancora vivide le suggestioni che ci sono giunte da ogni parte del mondo durante Terra Madre e il Salone del Gusto. Si ritorna ai ritmi normali di vita in quel di Bra e si riflette su quanto è trascorso, si cerca di riordinare le idee sbocciate in un tourbillon che ci ha piacevolmente travolti.
Io, al di là delle facili considerazioni sulla riuscita degli eventi in questione, sull’umanità fantastica e fraterna con cui siamo di nuovo venuti a contatto diretto, esco dalla cinque giorni torinese con una nuova convinzione e una forte considerazione di tipo economico.
Siamo di fronte all’ineluttabile: la nostra Terra è una madre offesa e vilipesa, ma questa Terra è pur sempre la nostra casa comune. Guardando ai produttori presenti a Torino – che quest’anno al Salone sono passati al 75% sul totale degli espositori, quando 10 anni fa la stessa percentuale di maggioranza era rappresentata, invece, dai commercianti – finalmente ho il conforto che ci sia gente al mondo in grado di badare alla nostra casa in maniera moderna e innovativa.
L’economia è la scienza che deve provvedere al mantenimento della casa. Eco deriva dal greco ôikos: dimora. Economia ed ecologia sono i due modi per governare la nostra abitazione comune che è la Terra. Queste scienze sono state espresse benissimo dai delegati e dai produttori presenti, coloro che sanno mantenere la Terra, la rendono sana e la consegnano alle future generazioni.

Per questo, dopo Terra Madre sono sempre più convinto che sia necessario pensare di realizzare una nuova economia, basata sulla rilocalizzazione di produzioni e consumi, sull’accorciamento delle filiere (parola che continua a non piacermi), sulla valorizzazione delle microeconomie locali e di piccola scala, che in ambito agricolo tutelano un corretto rapporto con la natura e sono la garanzia per la dignità e la sovranità alimentare, nonché sulla sicurezza alimentare delle popolazioni.
E questo, si badi bene, è ciò che può e deve avvenire sia nei paesi poveri sia in quelli ricchi. Il Nord e il Sud del mondo sono oggi alle prese con diversi ordini di problemi che, però, sono tutti figli dello stesso sistema. Malnutrizione e obesità sono facce della stessa medaglia. L’economia di mercato sta palesando limiti insostenibili, sta consumando se stessa e le risorse del pianeta, condannando il cibo a un triste futuro, la Terra a un inverosimile logorio e, di conseguenza, anche noi.
Le persone presenti al Lingotto e all’Oval ci parlano di un’economia che, prima di tutto, è sussistenza per chi produce e rispetto per il luogo d’origine. Da qui si può ripartire con una logica nuova, fondata sul concetto di comunità, che ci insegna a ridare importanza a valori come solidarietà, gratuità, fraternità. Valori che disegnano un modo più umano, più diretto di fare commercio, che restituiscono la giusta collocazione alle culture locali del cibo.

Non si tratta di combattere contro qualcosa o qualcuno in particolare ma, piuttosto, di lavorare per il diritto di tutti a praticare questa economia che è sempre stata considerata marginale, incapace di gonfiare i Pil degli Stati, legata a forme arcaiche di affrontare l’esistenza. Non è più così, non è mai stato così: questa economia è sostenibile, in grado di sfamare dove c’è fame, di nutrire meglio dove c’è malnutrizione, di non sprecare dove c’è abbondanza, di generare reddito, di mettere in moto la difesa del territorio e dei saperi tradizionali.
Le comunità del cibo e i produttori presenti a Torino sono il modo migliore di rispondere ai tanti che, durante i due eventi di fine ottobre, nelle interviste, lasciavano sempre e maliziosamente cadere lì il dubbio sul fatto che essi rispecchiassero un modello utopico, slegato dalla realtà e destinato a rimanere “di nicchia”. No, questa è la realtà di persone che, messe insieme, fanno impallidire il fatturato delle multinazionali del cibo; questo è il futuro del cibo e dell’economia globale che si può già vedere, toccare, conoscere, mangiare.
Vorrei che questo localismo postmoderno più di tutti fosse il seme che animerà la rete di Terra Madre e delle comunità del cibo. Vorrei che si scolpisse in tutti noi la convinzione che si sta promuovendo un nuovo modo di fare economia, forte di legami funzionali con il passato, ma proiettato verso un domani decisamente migliore e, soprattutto, rispettoso della nostra madre, della nostra casa comune.

Le immagini a corredo di questo articolo sono di Alberto Peroli.

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1 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Si parla tanto di sicurezza alimentare, ma si tace sempre su un problema serio che voglio esporre:
Dopo la scongelazione i surgelati non devono essere ricongelati, questa raccomandazione sacrosanta e molto importante ma è di fatto, non controllabile dal Consumatore.
I prodotti surgelati durante la loro vita che va dal confezionamento al consumo, per motivi diversi (anomalie dei frigoriferi, scarsa cura nelle fasi di trasporto, magazzinaggio ecc.) possono subire rialzi termici dannosi, capaci di pregiudicare la sicurezza del prodotto.
Una volta ripristinata la temperatura di conservazione, il prodotto ritorna apparentemente al consumatore, integro e affidabile anche se potenzialmente pericoloso per la salute.
Non ci sono sistemi efficaci di controllo che evitino questo grave rischio ed è per questo motivo che ho brevettato un dispositivo capace di monitorare la conservazione dei surgelati. (Brev. N° 0001335109)
Ora sorge il problema vero:
Il dispositivo che risolve questo problema è ben visto dai consumatori, ma non si può dire altrettanto dei produttori e commercianti i quali sarebbero costretti in caso di una eventuale anomalia, a togliere dal mercato i prodotti che hanno subito il detto incidente.
Vi chiedo se condividete la mia opinione e se SI, quale secondo Voi può essere un mezzo efficace per invogliare le aziende interessate a prendere in seria considerazione il problema e di conseguenza applicare il suddetto dispositivo ai propri prodotti.
Per farvi eventualmente una idea del dispositivo in questione, il sito è: http://www.cpidea.com/
Spero, nell'interesse dei consumatori che vogliate darmi un consiglio, ed in attesa di una Vostra risposta,
Cordialmente Saluto
Piergiorgio Cruciani
Via Maiella, 6
ANCARANO (TE)
ITALIA
giorgio@cpidea.com

11 febbraio, 2007 11:15  

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