Chiacchiere di vino, musica e cucina/Slowfood

Uno spazio in cui leggere in anteprima e dibattere gli articoli della rivista italiana di Slow Food: osterie e locande d'Italia, recensioni, Presìdi, inchieste, desco music, itinerari del vino e dell'olio, balloons, biodiversità, Comunità del cibo, degustazioni, cultura alimentare…

11/08/2006

Professionisti allo sbaraglio (di Luigi Fenoglio)

Ultima anticipazione da Slowfood 23, in uscita il 27 novembre, con un'intera sezione dedicata ai blog enogastronomici.

Negli anni Novanta capitava di sentir parlare di internet come di un fenomeno passeggero. Una moda per invasati ebbri di tecnologia che sarebbe presto tramontata lasciando labili tracce, come si trattasse di un semplice fenomeno di costume. Ma il sistema si è evoluto e con esso sono fiorite nuove prospettive. Ora si guarda al web con rispetto, consci delle potenzialità di un mezzo che ha un bacino di utenza planetario e un potere informativo sconfinato. Informazione a 360 gradi a cui tutti possono accedere, al prezzo di un click. Pur essendo innovatrice, però, l’estrema semplicità della ricerca non è l’aspetto più interessante dell’evoluzione/rivoluzione a cui stiamo assistendo. Non solo chiunque può ricevere informazioni, ma chiunque può informare. E questo aspetto ha un certo qual retrogusto eversivo. Quale che sia l’argomento che si decide di trattare, basta accedere a determinati siti e in pochi minuti si è on-line. È facile e immediato e, soprattutto, non bisogna presentare nessun curriculum o referenza. Grazie al rigoglio e alla proliferazione del fenomeno blog, poi, è davvero un giochetto esprimere la propria opinione.

Parlare di vino
Il mondo del vino e l’enogastronomia in genere sono tra gli argomenti più trattati on-line. Food blog e wine blog sono numerosi, anche se non è sempre facile orientarsi nei frastornanti intrichi di rimandi presenti in rete. Mancando un punto di vista d’insieme, si corre il rischio di faticare un po’ nel tentativo di farsi un’idea precisa di quello che avviene tra le pagine virtuali. Si è costretti a procedere a piccoli passi, di collegamento in collegamento, di link in link, finché si acquista una discreta dimestichezza che permette di muoversi più o meno agevolmente.
I wine blog attualmente più seguiti sono circa una quindicina:

aliceilvino
aristide
baciodivino
clubpapillon
divinoscrivere
imbottigliatoallorigine
lavinium
mondosapore
quintomiglio
thewineblog
tigulliovino
vinopigro
tirebouchon
vinoalvino
vinotecaonline

Si tratta di diari virtuali tenuti perlopiù da esperti del settore, giornalisti, in qualche caso produttori, che trattano il loro spazio come un vero e proprio punto informativo. E così si danno notizie, si segnalano eventi, si propongono iniziative e quant’altro riguarda il mondo del vino in genere. Ma non è solo la ricerca di informazione che spinge alla lettura di un blog. Cosa sembra incuriosire maggiormente è il fioccare di discussioni e, soprattutto, la possibilità di interagire direttamente con chi scrive e con chi commenta. Di parlare e di parlarsi. Di esprimere la propria opinione e confrontarla con decine di appassionati che regolarmente si incontrano per discutere. Da qui il successo inaspettato di non addetti ai lavori, mossi da tanta passione e voglia di comunicare, che con un loro nick name hanno cominciato a scrivere pubblicando in internet. È il caso di Marco Grossi (imbottigliatoallorigine), un lodigiano di 33 anni che ha aperto un blog nel quale parla agevolmente di vino e, come recita la frase di benvenuto, di «tutto quello che gli gira intorno, imbottigliato all’origine, stappato da me». Ancora più significativo, forse, l’esempio di Elisabetta Picotti, una delle “donne del vino” più linkate dai wine blogger che, su aliceilvino, regala quello che lei stessa definisce «un punto di vista femminile», spaziando con disinvoltura dalle degustazioni alla vinoterapia e non disdegnando, a volte, qualche amara riflessione che serve da spunto per discussioni e approfondimenti. Interessante anche il blog di Fiorenzo Sartore, enotecaro di Genova, che sul suo Diario enotecario (vinotecaonline) accoglie i lettori dicendo: «Qui, in questo blog, mi limito a dir la mia su questo mondo meraviglioso. Va bene? Buon divertimento».
Ma la passione e la voglia di mettersi in gioco non bastano a giustificare l’attenzione con cui decine e decine di persone seguono questi neocomunicatori che hanno trovato in rete il cantuccio in cui accovacciarsi per far sentire la propria voce. I loro blog sono spesso belli e accurati. E non solo da un punto di vista contenutistico, ma anche visivo. I siti hanno sovente una grafica sobria ed elegante e i post, scritti più o meno quotidianamente, sono corredati da foto d’effetto, nella maggior parte dei casi scattate dagli autori stessi.

Raccontare di cibo
Questa raffinata cura del dettaglio si riscontra in maniera ancor più evidente nei vari food blog.
Ma, mentre nel caso dei wine blog i “professionisti” continuano a essere decisamente più numerosi rispetto ai “dilettanti”, per quanto riguarda i food blog sembra valere l’inverso. Il principio è lo stesso a cui si accennava prima. Appassionati di cucina ed enogastronomia che si approcciano al web con estro e volontà di comunicare. Uno di questi luoghi virtuali sicuramente più clickato è quello di Sigrid (nick name: Cenzina), una simpatica e competente fiammingo-romana che dal marzo 2005 pubblica sul suo cavolettodibruxelles ricette e consigli, corredati da splendide fotografie scattate da lei. Ma non si limita solo a questo. Basta infatti inviarle un’e-mail (cavolettodibruxelles@gmail.com) per ricevere la sua newsletter mensile o, per dirla a suo modo, «per ricevere, una volta al mese, cavolate varie e assortite, ovvero note e consigli di letture golose, virtuali e non, insieme all’elenco delle ricette del mese precedente e qualche considerazione a seconda dell’umore…». Il suo blog colpisce per l’indiscutibile cura con cui è trattato e, non a caso, è uno dei più apprezzati più o meno da chiunque navighi on-line a caccia di ricette. Ormai un’autorità nel suo genere, tanto che in due o tre occasioni è stata anche ospite di trasmissioni televisive che si occupano di cucina. (Il naso in pentola e Casa Alice di Alice tv, Cortesia per gli ospiti di Discovery real time).
Ma Cenzina, pur speciale, non è sola. Anzi, si trova in ottima compagnia. Un’altra blogger provetta è Petula, la cuoca petulante, che parla di «cibo e ricette in versione macrobiotica, forse. Perché la macrobiotica non è noiosa o cibo per pennuti…» (lacuocapetulante). In realtà, sperimentata da lei e riproposta, la macrobiotica perde quell’aura leziosa che l’ha spesso caratterizzata, e assume toni invitanti e appetitosi. Di qui si deduce che non basta saper cucinare e avere una forte passione. Occorre saper comunicare. Cosa che alla maggior parte dei blogger che trattano enogastronomia riesce a meraviglia.
Altri blog interessanti da tenere sott’occhio sono sicuramente:
blogs.san-lorenzo (food blog aggregator, piattaforma virtuale dove aprire il proprio food blog); conservareinfrigo (Tulip, romana, convinta che la vita sia come un frigorifero. E affinché le cose si mantengano è necessario trattarle bene…); cuochidicarta (Scribacchini in cucina e dintorni, dichiarano: «Siccome i cuochi veri sono fatti in modo assai diverso, ci capiterà spesso di aggirarci nei dintorni della cucina»); fiordizucca (direttamente da Devon, Regno Unito: «Qui mi limito a raccogliere ricette, così, perché quando me ne viene bene una puntualmente l’ho dimenticata o scritta su un foglio che non trovo più». Ma non raccoglie solo ricette, fa molto di più. Ogni ricetta, infatti, è accompagnata da un sogno, tanto per rendere l’idea); francescav (Francesca da Roma, tiene il suo diario, cucina, fotografa, si emoziona, racconta); ilcuoreeunafrattaglia (Arma, con le sue «divagazioni gastronomiche di una cuoca sentimentale»); ilgastronomoriluttante (Muccapazza28, Bologna: «Eversivo della comunicazione enogastronomica atta a soddisfare il proprio ego ipertrofico». Dichiarazione d’intenti mantenuta); kitchenpantry (Il francese e Piperita, da Milano, raccontano e si raccontano a suon di ricette); latestanelpiatto (Veronica da Roma. Le capita spesso di mangiare in un ristorante e di rimanere a indugiare sul sapore del piatto scelto. Oppure di pensare agli ingredienti e alla sua ricetta… e spesso ci perde la testa…); lecosetonde (La ballera da Roma, di cibo e altri racconti…); simplicissimus (Antonio Tombolini: non solo enogastronomia); untoccodizenzero (Gourmet, da Torino: «Uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non ha mangiato bene»); zuccherierait («Un’italiana ai fornelli in Spagna. Fatti e misfatti culinari dalla Castiglia profonda»).

Cos’è l’autorevolezza
L’alto gradimento e l’interesse suscitati da questi volenterosi blogger ha creato, e crea tutt’ora, un certo disorientamento e qualche sparuta polemica. Ci si arrovella, on-line, intorno al concetto di autorevolezza. Ma, chiunque si sia avventurato sul web leggendo, commentando e magari aprendo un suo blog, sa perfettamente che essere autorevoli non è affar semplice. Si può essere informatori, certo, ma questo status occorre in qualche modo guadagnarselo. Occorre lottare giorno per giorno, in prima persona, confrontandosi, dialogando, informando ed esponendosi alle critiche di chi legge e commenta in tempo reale. Perché è questo che avviene. Il rapporto diretto tra chi scrive e chi legge è praticamente immediato e bisogna essere in grado di render conto di ogni singola parola pubblicata. Non che questo non sia valido anche per la carta stampata, ma con il blog è il rapporto stesso tra scrittore e lettore a essere scardinato. Navigando fra i vari food e wine blog – noi ne abbiamo citati solo alcuni – si ha nettissima la sensazione che ci sia una grande spaccatura. C’è chi si diverte e scrive per proprio diletto, per il diletto di chi legge e di chi commenta, senza grandi (esplicite) pretese.
E c’è chi, invece, queste pretese le ha. Si tratta per lo più di giornalisti già affermati sulla carta stampata che a fatica accettano un novello anonimato. Anni trascorsi davanti a macchine da scrivere e poi computer cercando di conservare la credibilità di un nome che, una volta approdato sul web, sembra perdere il fascino incantatore guadagnato sul campo.
E così troviamo autori del calibro di Paolo Marchi, giornalista e gastronomo curatore della pagina settimanale “Affari di gola” su Il Giornale (www.ilgiornale.it), accennare a una cena a elBulli, proseguire senza soffermarsi: «Adriá e i Roca, piacere infinito lo scorso fine settimana ma non solo loro. Che buona la Liguria…» (marchidigola.identitagolose, mercoledì 24 maggio 2006) ed essere messo nelle condizioni di dover rispondere a un paio di scettici curiosi… Pippolimpionico, il 24 maggio 2006 alle 15,44 replica: «Qui comincio ad avere qualche dubbio! Ma sarai andato sul serio al Bulli e da Roca? Noi aspettiamo foto e resoconti con bava alla bocca e tu ci parli d’altro. Gatta ci cova». E Gumbo chicken, il 24 maggio 2006 alle 17,28 non è da meno: «Anch’io ho una foto di un polpo gallego. Anzi il mio è più gallego del tuo perché io l’ho mangiato proprio in Galizia! Mostraci qualcosa di “catalunio”, mr. blogger!».
Ed eccoci, dunque, al discorso di prima. Chiunque può dire ciò che vuole, qualsiasi cosa, a patto che sia disposto a spiegare e a spiegarsi. Se cessa il confronto, credibilità e autorevolezza vengono improvvisamente meno.
Il rapporto diretto tra l’autore e quello che viene scritto, l’assenza di un editore e di una redazione che controlla e decide, fanno dei blogger persone assolutamente libere anche se, per un altro verso, sembrano aumentare le responsabilità. Una “professionalità” ottenuta con la pratica e la passione, spesso mal digerita e vista con un occhio critico da chi si lamenta del dilettantismo dilagante sul web.

Marchi versus shampiste
All’inizio dello scorso aprile si è accesa una polemica che ha coinvolto diverse persone e che ha fatto un discreto rumore. La questione è nata da parte della newsletter 110 del 31 marzo 2006 di marchidigola.identitagolose del sopraccitato Paolo Marchi. Questo il passaggio incriminato: «Un paio di settimane, più o meno, e debutterà invece il mio blog, cosa che stupisce per primo il sottoscritto che ho sempre diffidato del mezzo, scordandomi che al mondo il valore di un prodotto è definito anche dall’uso che se ne fa. Se ad esempio nessuno le usasse premendo il grilletto, le pistole da sole non sparerebbero e, tanto meno, ucciderebbero. Ecco: il brutto del blog è che permette a molte shampiste e tanti dilettanti della tastiera di spacciarsi per le nuove Ruth Reichl o i novelli Veronelli piazzando nel web tre foto, due ricette e una sviolinata all’amato lontano. E trovano sempre qualcuno che ci crede, iniziando a raccontarsela tra loro senza rendersi conto che tutti i food blogger messi assieme non hanno tanti lettori quanti Gianni Mura ogni venerdì con Repubblica…».
E le “shampiste” non ci sono state. Alcune di loro, ma non solo loro (cavolettodibruxelles, blogs.san-lorenzo, simplicissimus per citare alcuni interventi) hanno pubblicato risposte accese e intense.
Sul cavolettodibruxelles, per esempio, possiamo leggere: «Tutto ciò mi farebbe piuttosto sorridere, se non fosse per la mala educazione e il sessismo virulente di un non meglio precisato giornalista gastronomico il quale per un qualche motivo (non preciso neanche quello, potrei risultare insultante a mio turno e non vorrei), se l ‘è dovuta prendere con noi».
E al grido di «più shampoo per tutti» Cenzina si fa ironica promotrice del club delle shampiste, a cui basta aderire inserendo un apposito banner sul proprio blog. Ma non tutti si sono schierati dalla loro parte. Ilgastronomoriluttante, Muccapazza28, lunedì 3 aprile 2006 scrive un post intitolato “Io non sto con le shampiste”. Scorrendo qualche riga leggiamo: «La shampista del web è quella persona che in rete sventola la propria umanità tra una ricetta e l'altra, pubblicando due foto e partecipando attivamente al commento della lettrice che narra il racconto dell’ultimo lavoretto fatto in cucina, sopra o sotto la tovaglia (a seconda del grado di trasgressività di ciascuna) al proprio amante/amico e, se proprio non c’è di meglio, al fidanzato/marito. Elargiscono amicizia a tutti gli sconosciuti e condividono una grande passione per il cibo, attente a non rubarsi a vicenda balsamo, shampoo, bigodini o becchi d’oca… E così, accecate da tutto il balsamo profuso nel web, le povere shampiste punte sul vivo, hanno commesso, con una certa ingenuità, il classico e clamoroso autogoal, perdonabile, a dire il vero, alle giovani fanciulle che sognano il principe azzurro: un editore a cavallo di una bella testata, meglio se su carta (alla faccia del mondo virtuale, che sarà actual ma rende poco), meglio ancora se con qualche aggancio televisivo, che può proiettare in un mondo che credono, fanciulle ingenue, più concreto». Saccenteria a buon prezzo, nonché una predicozza da pulpito altrettanto shampista, che non ci piace.
E così la polemica è proseguita per qualche giorno, a colpi di post e commenti, tra detrattori e sostenitori orgogliosi della libertà di shampoo. Dato per assunto che non vogliamo alimentare nessun tipo di dissapore, a maggior ragione per una questione conclusasi mesi fa, ci limitiamo a una considerazione. Il fatto che un giornalista professionista abbia fatto un’affermazione e sia stato attaccato anche duramente da più fronti, può significare una cosa sola. Che le cose sono cambiate. Significa che i blog danno voce a chiunque abbia voglia di mettersi in gioco, professionista o meno che sia. Il fascino del blog, poi, sta nel fatto che alle informazioni che si vogliono dare, solitamente vengono aggiunte anche una serie di annotazioni personali che, pur infastidendo qualcuno, rendono più umano e simpatico chi scrive.

Il blog non è un giornale
Quindi più letto. Quindi più commentato. Quindi più autorevole. Ma anche più criticato e criticabile, come si può evincere dal post di Muccapazza28, riportato poco sopra. Curioso anche un post di Stefano Bonilli, storico enogastronomo del Gambero Rosso che, sul suo blog Papero Giallo il 15 giugno 2006 racconta stupito di un blogger che, parlando della moglie che russa, riesce a radunare intorno a sé un folto gruppo di persone che leggono e commentano affascinate. Ma è proprio questo che bisogna imparare ad accettare. Il blog non è un giornale. È uno strumento diretto che sta in qualche modo rivoluzionando le metodologie di comunicazione. I commenti, poi, prendono spesso la dimensione della chiacchiera da cortile e ognuno sembra avere qualcosa da dire. Lasciano tracce più discrete rispetto a un post, ma sono il terreno sul quale si svolgono battaglie o picnic, secondo i casi. Si fanno domande, si esprimono dubbi, si espone la propria esperienza e si critica, ci si fa i complimenti, ci si saluta prima delle ferie. Si alimentano quei rapporti umani che fanno di blogger e commentatori una vera e propria comunità. E non si limitano a parlare di una ricetta o della visita a un ristorante famoso, ma raccontano quali sono le difficoltà nel reperire gli ingredienti, nel trovare parcheggio, nel digerire correttamente con una moglie che russa di fianco e via dicendo.
Il segreto è nel tono confidenziale e di condivisione con cui è affrontato il tema trattato, qualunque esso sia. Così una ricetta non è più solo una ricetta, ma un invito da parte di qualcuno che si è guadagnato la nostra fiducia a fare altrettanto.
Essendo un mondo in continua evoluzione, costituito da siti aggiornati pressoché quotidianamente e caratterizzato da quella grande libertà di comunicazione di cui abbiamo fin qui parlato, risulta evidente che dare un quadro completo ed esaustivo di ciò che capita on-line è piuttosto complicato. L’invito è a visitare di persona questi luoghi, immergersi in gomitoli di link e riferimenti vari, rimanendo incantati o delusi, nella miglior tradizione di chi si avvicina a una realtà cangiante e mobile, costituita innanzitutto da individui. Dilettanti e professionisti.

Approfondimenti:

Il decalogo
Antonio Tombolini (simplicissimus), intervenendo nell’ennesima polemica serpeggiante per il web, pubblica quello che ritiene un vademecum necessario a chiunque si approcci al blog in qualità di “addetto ai lavori”. Lo riportiamo di seguito.

Venerdì 31 marzo 2006.
«Il decalogo del blogger giornalista, ovvero: nessuno è perfetto
Il fatto che molti giornalisti professionisti, con un ritardo di quattro o cinque anni impiegati a deprecarlo, decidano vieppiù di aprire un proprio blog, mi spinge a offrire loro il presente pratico decalogo, che spero troveranno di loro gradimento e utilità.
1. Quando scrivi un post non pensare di farlo per i tuoi lettori.
2. Quando scrivi un post ricorda che gli altri non sopportano di essere trattati da tuoi lettori.
3. Quando scrivi un post ricorda che stai partecipando a una conversazione tra pari.
4. Quando scrivi un post non pensare che la sua bontà si misuri col numero di accessi.
5. Quando scrivi un post ricorda che in rete non vale la regola per cui bene o male, purché se ne parli: se di te si parlerà male, dovrai fronteggiarne le conseguenze, o sono dolori.
6. Quando scrivi un post non dare retta a chi ti dice che per sfondare in rete la cosa migliore è passare agli insulti: non è vero, gli insulti annoiano e basta.
7. Quando scrivi un post prova a scoprire che si può essere autentici, sinceri, brutalmente onesti, e allo stesso tempo civili e tolleranti.
8. Quando scrivi un post non essere falso, perché si capisce subito.
9. Quando scrivi un post non metterci lo stesso impegno che metti nello scrivere un pezzo per il tuo giornale: mettine di più, o il tuo blog farà schifo.
10. Quando scrivi un post non ricordare mai agli altri che sei un giornalista professionista. E soprattutto non ricordarlo mai a te stesso.
11. [Bonus hint] Quando scrivi un post, comincia a pensare che, chissà, magari l’espressione giornalista professionista potrebbe essere una stronzata...».

(Lo trovate qui).

L’evento
L’11 giugno 2006, ospite della cantina Cà del Bosco di Erbusco (Bs), un nutrito gruppo di wine blogger ha fondato la Wine Blog Association, con lo scopo di coordinare i wine blogger, non solo italiani, con una serie di iniziative on-line volte a valorizzare «il ruolo indipendente e trasparente della comunicazione del vino via blog».
Gli obiettivi principali della Wba, come riporta il sito wineblogassociation sono dunque i seguenti:
1. Contribuire ad accrescere la conoscenza nel mondo del vino delle tecnologie della comunicazione interattiva via blog, sia tra gli attuali curatori dei blog sia tra i professionisti della comunicazione e del marketing dei media tradizionali e delle aziende della filiera del vino.
2. Promuovere la libertà di comunicazione insieme alla responsabilità individuale, tramite la diffusione e adozione di un codice etico della Wba, fondato sui princìpi del dialogo aperto, interattivo, e della trasparenza.
3. Partecipare a eventi e organizzarne di quelli che evidenzino il valore aggiunto creato dal contributo della comunità dei wine blogger alla comunicazione e informazione sul mondo del vino.
Per seguire i cambiamenti in corso, conoscere i nomi dei soci fondatori e di coloro che fanno parte della Wba, rimandiamo al sito della medesima.

Macchianera blog Awards
A testimonianza del fatto che il fenomeno blog appassiona a 360 gradi e che l’attenzione con cui lo si osserva è sempre maggiore, fioriscono nominations e classifiche. Macchianera, attivo dal lontano novembre 2000, ha istituito gli Mba (Macchianera blog Awards).
Tra i risultati dell’edizione 2006 troviamo, alla voce Miglior blog buongustaio, fiordizucca (primo classificato) e, a seguire, cavolettodibruxelles e Papero giallo.

La guida
L’azienda sudafricana Stormhoek (www.stormhoek.com), dopo aver raddoppiato le vendite in Europa nel 2005 grazie a una campagna di marketing indirizzata alla comunità dei blogger di Regno Unito, Irlanda e Francia, ha pubblicato The Stormhoek Guide to Wine Blogging, realizzata in collaborazione con Hugh MacLeod (www.gapingvoid.com) dedicata alle aziende vinicole e distribuita gratuitamente.
La precedente iniziativa dell’azienda era consistita nel selezionare un centinaio di blogger – non solo tra coloro che parlavano di vino – e nell’inviare loro a titolo di campione gratuito una bottiglia di Stormohoek Shiraz 2004 e di Sauvignon Blanc 2005, con tanto di etichetta personalizzata e numerata. I blogger hanno assaggiato, ne hanno parlato, e il business, a quanto dicono, è raddoppiato.

11/07/2006

Chi cerca, trova (di Waki)

Un’altra anticipazione da Slowfood23, in uscita il 27 novembre, con un'intera sezione dedicata ai blog gastronomici.

Molto si dice di quelli che i blog li scrivono, ma ben poco su quanti invece, i blog, li leggono. Chi sono i lettori? Cosa vogliono? Cosa cercano? Chi siete voi, utenti più o meno attivi che i blog enogastronomici li seguite? Me lo chiedo davvero. Me lo chiedo soprattutto da quando ho scoperto il mondo delle chiavi di ricerca.
C’è un segretuccio infatti che temo farà venire i brividi a molti di coloro che cercano su internet le donnine nude dall’ufficio: l’anonimato in rete è un’enorme bufala, che non fa neanche buone mozzarelle. Non è vero che quando le luci si spengono e i bimbi dormono voi potete impunemente cercare la ricetta della torta di mele sbavando sulla tastiera senza che nessuno lo scopra. E no, non funziona così. Se volete ve lo spiego, come funziona. Google (che è il motore di ricerca più utilizzato) cerca nel groviglio planetario di milioni di pagine web le parole che avete digitato nel campo della ricerca e queste parole, da qualche parte, rimangono. Poi, secondo un calcolo complesso che assegna una gerarchia ai risultati, vi mostra i link e qualche frase dei siti che ha trovato. Voi che avete digitato ad esempio «torta di mele», vedrete che Google trova qualcosa come 492 000 siti che, secondo lui, trattano l’argomento e, beninteso, solo tra le pagine in italiano. Lui per cercarle ha impiegato circa 0,04 secondi. Voi che scorrete i primi 30 risultati con un po’ di ansia perché volevate solo rinfrescarvi la memoria sulla cara, semplice, tradizionale ricetta della torta di mele, dovrete fare un calcolo rapido e totalmente empirico per giudicare se i siti proposti vi interessano o meno. In genere dopo quattro minuti spegnete il computer, prendete il telefono e chiamate la zia Nives per sapere com’è che la faceva, quella torta di mele che ricordate di avere mangiato al compleanno di vostro cugino circa 15 anni fa. E lei se lo ricorda e ve la spiega. In soli quattro minuti. Grazie zia.

Le chiavi
Ma mettiamo che siate testardi o che quella buzzurra della zia non si ricordi della torta di mele («e poi dopo 15 anni che non ti fai vedere ti sembra l'ora di chiamarmi nel cuore della notte per una stupida torta?»). Bene. Avete digitato «torta di mele» su Google, dopo attento studio dei risultati prendete una risposta a caso, cliccate sul link, andate a leggere e scoprite che siete sul blog di Pippetto che scrive giustappunto del film Torta di mele uscito nel 1993. Ma ormai avete cliccato sul link e a nulla serve tornare indietro. Siete usciti allo scoperto. Chiunque può osservare che, cercando «torta di mele», voi siete andati a leggere il blog di Pippetto. E Pippetto lo sa. Vi vede. E gongola.
In effetti, per chi gestisce un blog è assai semplice ottenere una schermata con tutte le chiavi di ricerca utilizzate dagli utenti che sono arrivati sul suo blog nonché degli indirizzi Ip dei computer, del sistema utilizzato, del browser, della risoluzione dello schermo eccetera – il che equivale più o meno a lasciare la propria carta d’identità in un sexy shop.
Ebbene, il fatto che nulla di quello che fate su internet sia veramente un segreto ha alcuni aspetti positivi. Per le persone serie che un sito o un blog lo vogliono gestire in modo razionale, conoscere le chiavi di ricerca con le quali i lettori sono giunti sulle loro pagine è utile per analizzare gli interessi e le attese dei potenziali utenti/clienti (marketing).
Per gli altri, per noi, per me, queste chiavi di ricerca sono semplicemente una fonte di esilarante stupore.

Il prevedibile
Che cosa cercano dunque quelli che arrivano sui blog enogastronomici?
Principalmente ricette e, fin qui, la cosa pare abbastanza logica. Ma oltre alla «ricetta brasato», «ricetta pesto ligure» e «ricetta torta pasqualina», vedo anche che si è cercato «ricette facili» e «ricette per chi non sa fare niente» e un laconinco «uovo, ricordo solo questo». Senza parlare dei soliti volgaroni che cercano «come cucinare lo sperma» o come fare un «arrostino di merda».
Qualcuno digita disperato: «aiuto, cosa faccio per cena?».
Altri sottovoce confessano a Google: «mangio meduse».
Segno dei tempi, i più frettolosi chiedono come fare la «pastasciutta con la pentola a pressione» o un «dolce veloce con marmellata» e, ancora, «cinque minuti per preparare la cena» in aperto contrasto con chi annuncia: «tramezzino dieci ore».
Mi pare aumentino coloro che si interrogano sulle «conseguenze di avere mangiato pastina con uova scadute» e i già numerosissimi «uova scadute mangiate». Ma resta in cima alla mia personale classifica la ricerca del «segreto per un castagnaccio morbido» che mi fa pensare alle migliaia di castagnacci duri come pietre che debbono essere sfornati ogni giorno frantumando dentiere a decine.

Era quel che cercavo?
Molti che cercano sesso più o meno morboso pare non disdegnino digressioni culinarie se l’occasione si presenta: non mi spiegherei, se no, la presenza di numerose parole chiave inequivocabili approdate su blog enogastronomici. Me la immagino quella persona che nel cuore della notte digita su google «cetrioli infilare godere» e clicca su invio. Appaiono innumerevoli risultati. Scorre diverse pagine a quanto pare deludenti finché clicca sul link che lo porta dritto sul blog di una casalinga che espone in toni piuttosto lirici la sua ricetta per fare una fresca minestra di cetrioli, perfetta per tutte le stagioni. Con un certo interesse legge: « … basta infilare i cetrioli nel tritatutto e potrete godere di un attimo di riposo…». Di doppi sensi birichini neanche l’ombra ma, ormai, continua la lettura: « … è una ricetta adatta a tutti, gustosa e semplice, per rinfrescare e ristorare, vi servono solo dei cetrioli, sale, pepe, … ». I cetrioli li ha, sale e pepe anche, e ormai, dimentico della sua prima ricerca, finisce in cucina ancora con le braghe calate a svuotare il frigo cercando un barattolino di panna. Intanto i cetrioli sono già allineati sul tagliere a sgrondare l’acqua.

Eureka!
Tra le innumerevoli parole chiave che hanno attirato la mia attenzione, vorrei sottoporvi almeno le seguenti con un commentino tra parentesi:
– cosa mangiare quando si è nervosi (mazzetti di camomilla);
– aringhe nubili (amiche delle acciughe celibi);
– nausea dopo le ciliegie (ma li hai sputati i noccioli?);
– cernia patata (finalmente un ibrido utile);
– banane sonno (falle dormire, ’ste banane);
– gallina volante (quella che non voleva fare buon brodo);
– mele radiazioni (mele come meloni);
– questo è buono! (confessa, il vino?);
– ero così sbronza che (sei tornata a piedi);
– capello bianco normale (nella minestra, no);
– che verso fa il piccione? (quello in umido: slurp!);
– intossicazione gamberetti surgelati (scongelali prima di mangiarli);
– prugne lassative (conosco di meglio: gamberetti surgelati, da succhiare dopo i pasti);
– cozza depurata (mezza salvata);
– sognare di mangiare la cacca (cattivo presagio, suocera in arrivo);
– gnocche (le mogli degli gnocchi);
– mucchi (i mariti delle mucche);
– non ho fame (e non mangiare);
– bistecca elefante (tu invece tanta fame, eh?);
– strozzare cibo (se è vivo, sì, fai bene);
– ingredienti McDonalds’ (sei proprio sicuro di volerli conoscere?);
– mungitura sadomaso (transumanza perversa);
– non riesco a baciarti (promesso: la smetto con l’aglio);
– clitoridi sotto zucchero (ma in scatola o freschi?);
– mangiare trippe è sano? (troppe trippe per la truppa, no);
– dormire fa ingrassare (mangiare bene, invece, no);
– depilare orata (ecco, invece di squamarlo il pesce noi lo si depila!);
– sgonfiare la pancia dopo mangiato (allenta la cinghia);
– pasta scotta rimedi (immergerla nell’acido muriatico);
– datteri supposte (pare che i datteri siano migliori se assunti per via orale);
– cosa mangiare dei fagiolini (niente, butta via tutto);
– pasta al torchio (buona, ma un po’ pesante);
– perché bisogna mangiare? (per passare il tempo se no sai che noia);
– patate porcelle (sempre lì a guardare quei filmetti!);
– devo pulire il polpo (auguri);
– si beve con lo zampone (lo zampillo!);
– differenza carote crude cotte (le prime sono crude, le seconde sono cotte);
– pensa il kiwi che non sa nemmeno con cosa toccarsi (facciamo una petizione, povero kiwi!);
– voialtri vi annoiate perché non avete una vita interiore (però ci facciamo delle mangiate che tu te le sogni!).

La maggior parte delle parole chiave citate sono state scovate attraverso www.shinystat.it.

Confessioni e seduzioni dell’esercito delle nuove Babette (di Daniele Barbieri)

Un’anticipazione da Slowfood23, in uscita il 27 novembre, con un'intera sezione dedicata ai blog gastronomici.

Uno strano ibrido
Il blog nasce, dunque, come uno strano ibrido, impensabile prima di internet: è un prodotto destinato all’uso pubblico, ma lo si scrive con le modalità private di ciò che facciamo senza un piano complessivo, di giorno in giorno, se non addirittura di minuto in minuto; e, a differenza dei testi destinati alla stampa, il blog non gode della validazione implicita fornita dall’editore, poiché ogni blogger è editore di se stesso. Anche se potenzialmente si rivolge a tutti, il blogger sa di colloquiare di fatto con pochi utenti (spesso essi stessi blogger) che condividono i suoi medesimi interessi.
Molti blog permettono l’intervento dei lettori, a risposta o commento di quanto scritto dal blogger, ma l’impressione di conversazione che spesso se ne ricava non proviene soltanto da questo. Il blogger scrive infatti i suoi pensieri in solitudine, ma è di solito piuttosto consapevole di quello che si sta nel frattempo dicendo su una serie di blog affini. E così, pur senza il botta e risposta delle conversazioni verbali, si crea comunque un flusso di considerazioni comuni, riprese a modo proprio dalle varie voci concorrenti.
Così, evidentemente, il blog è anche un modo di esibirsi, di mostrare al mondo (o ai suoi 25 lettori) la capacità di espressione del suo autore, una capacità che parte inevitabilmente da una dote specifica e imprescindibile: il saper scrivere. Il blogger, mediamente, scrive bene e ostenta con piacere questa capacità. Non può tuttavia fermarsi lì: il tema di cui parla non è meno importante.

Diari di gastronomia
Quando il tema è la buona cucina, il blogger deve dunque esibire, oltre alla capacità espressiva, le sue doti di sensibilità e/o di creatività. Non inganniamoci: il blog non è veramente un diario, anche là dove appare scritto con le modalità del diario! Comunque si presenti, il blog è un atto comunicativo rivolto a un pubblico, che, per quanto solitamente non vasto, è competente in materia e deve trovarvi ragione di interesse. Troviamo così, con una certa frequenza, nei blog di tema gastronomico, anche informazioni specifiche su eventi di rilievo per la buona cucina, o su buoni ristoranti: evidentemente l’informazione è comunque un valore che può attirare pubblico; e fornirla è un modo per sentirsi utili a una comunità di persone con interessi simili.
Più spesso il blogger descrive le proprie sensazioni e riflessioni su temi che riguardano la cucina e il mangiar bene (vedi lapiccolacuoca.blogspot.com oppure ilcuoreeunafrattaglia o anche, ma a un diverso livello, blog.gamberorosso tenuto dal direttore della rivista in persona). Questi sono, di solito, i blog stilisticamente più raffinati: l’autore offre alla comunità la sua capacità narrativa ed evocativa, come qualsiasi scrittore che pubblichi su canali più tradizionali. Ma il senso di complicità tra autore e lettori è qui molto più forte: sembra quasi che si vogliano bisbigliare alle nostre orecchie segreti deliziosamente perversi. Peccati di gola? Sì, decisamente, e con un impenitente tono di istigazione a delinquere, così appassionato, a volte, peraltro, che non vale granché la pena cercare di resistergli.
È tuttavia, a quanto pare, la divulgazione di ricette di invenzione personale a fare la parte del leone: il blogger, dunque, non solo scrive bene, ma suggerisce al suo pubblico le proprie invenzioni, e si merita l’appartenenza alla comunità per la qualità di quello che propone, oltre che per il modo in cui lo fa. Immergiamoci dunque in blog come cavolettodibruxelles, oppure brandoesq (in inglese), untoccodizenzero, fiordizucca, o anche lacuocapetulante (che suggerisce combinazioni troppo invitanti per essere davvero macrobiotiche, come pretenderebbero). Non si tratta di manuali di ricette: il tono complessivo è confidenziale e seducente, l’atmosfera è da esperienza personale che si vuole condividere. Le ricette sono sempre accompagnate dalla passione di chi ce le sta esponendo.
Altro che ricettario, dunque! Quello che i blogger mettono on-line è, prima di tutto, se stessi o, almeno, quella parte sufficientemente confessabile di se stessi che li mostra gourmet appassionati, ancora prima che creatori. E, del resto, è sempre sul piano della comunione dei gusti che le amicizie si formano. Questi piatti sono descritti come oggetti di desiderio e di passione, e la procedura per prepararli è dettagliata a volte con tale partecipazione emotiva che sembra che si parli di eros, anziché di cucina. Non sarebbe peraltro la prima volta: che la sensualità del mangiare sia un parente per bene della socialmente più controversa sensualità erotica è un fatto noto da sempre. Ma non si tratta affatto del parente povero; e non è nemmeno detto che, in condizioni sociali mutate, non possa succedere persino il contrario.
È affascinante scoprire che i blogger di quest’ultima categoria (ma anche molti delle altre due) sono soprattutto donne, un piccolo esercito di Babette che non ha optato per le coste inospitali della Norvegia, e che ambisce alla quotidianità dei propri pranzi assai più che all’occasionalità di un evento unico e straordinario. Sfatando il mito che vuole maschio il grande chef, queste blogger rivelano al mondo con fare seduttivo tutta l’erotica e profonda magia della loro creatività gastronomica.
E i lettori (o lettrici), penso assai più di 25, percorrono le loro righe e partecipano intensamente. A loro volta scrivono, ora rispondendo ai post, ora col proprio blog personale, su cui le riproposte prendono il tono della sfida.
Per chi ha problemi di dieta, la lettura dei blog gastronomici è assai più pericolosa della lettura di normali ricettari. Il godimento del gusto non è solo promesso, e demandato al momento della consumazione del piatto: qui vi è un’anticipazione dietro l’altra, una salivazione metaforica non meno efficace di quella reale. Magari meno nutriente: ma non sta nelle calorie l’essenza del mangiar bene! Come per ogni attività efficacemente creativa, sta semmai in quello che ci fa immaginare e sognare, in quello che ci fa vedere e sentire che non eravamo mai riusciti a vedere o sentire prima d’ora. Non importa che si tratti, ogni volta, di una scoperta piccolissima, di cui potremmo anche fare a meno: è una scoperta piccolissima, ma ugualmente affascinante. Ne potremmo forse fare a meno, ma non si capisce perché dovremmo.

11/06/2006

Slowfood 23

Slowfood è la rivista italiana dell’associazione omonima. Sul numero 23, in uscita il 27 novembre, un ampio spazio sarà dedicato all’approfondimento del mondo dei blog enogastronomici.
Su questo sito ne anticiperemo gli articoli e lasceremo spazio ai commenti, di blogger citati e utenti.