Chiacchiere di vino, musica e cucina/Slowfood

Uno spazio in cui leggere in anteprima e dibattere gli articoli della rivista italiana di Slow Food: osterie e locande d'Italia, recensioni, Presìdi, inchieste, desco music, itinerari del vino e dell'olio, balloons, biodiversità, Comunità del cibo, degustazioni, cultura alimentare…

1/17/2007

Le voci di Terra Madre

Sono passati ben due mesi e mezzo, ma gli occhi trattengono vivide le immagini delle assemblee plenarie di Terra Madre e il ribollente catino del Salone del Gusto. Nelle orecchie riecheggiano le parole dei contadini, dei filosofi, dei cuochi, degli agronomi, dei politici che si sono alternati sul palco dell’Oval e la lingua rimpiange i gusti dei Presìdi, i tannini dell’enoteca, soprattutto l’opportunità di avere tutto quel mondo enogastronomico concentrato negli stessi giorni nei padiglioni del Lingotto: biodiversità che lascia l’astrazione dei discorsi di monito e si fa pietanza, degustazione, borsa della spesa.
Sono passati ben due mesi e mezzo e dunque è tempo di riannodare, riflettere, ricordare. Su Slowfood 24 (in uscita il 25 febbraio), si parte con qualche eco delle voci dietro ai microfoni dei laboratori, delle conferenze e delle assemblee, e poi si lascia spazio alle penne dei nostri quattro “inviati speciali” a Torino: Poppy Burak a colloquio con i delegati di Tagikistan, Afghanistan Georgia, Ossezia, Abkhazia e poi Elena Giovanelli, storica firma della nostra rivista, per l’occasione “volontaria di Terra Madre” assegnata alla comunità delle donne del Mali. Ancora, John Irving invischiato a dipanare le lacune gastro-culturali dei suoi compatrioti e poi a brindare con giornalisti, scrittori e chef nel caffè letterario del Salone e, infine, Nereo Pederzolli, a degustare sulla pista del Lingotto i mitici Tre Bicchieri.
In anteprima, su questo blog, le principali dichiarazioni dei protagonisti.


«Il Manifesto sui semi è primo documento ufficiale della Repubblica dei contadini di Terra Madre e alternativa alla falsa democrazia di Washington. Il modo d’agire delle multinazionali del seme è fascismo del cibo, attuato con la complicità del Wto e della Banca Mondiale. Nel mio paese ogni anno ci sono 120 000 suicidi di contadini indebitati con la Monsanto e altre holding agricole. Nessuno se ne cura, perché il profitto è diventato più importante della stessa vita umana. In agricoltura manca la libertà di distribuire gratuitamente le sementi. Si ha paura dei piccoli e decentrati produttori, che vengono annientati con assurdi brevetti e licenze. Terra Madre è lo strumento per evadere dalle prigioni del cibo, esaltando la biodiversità e rispettando tutte le culture; qui inizia la rivoluzione agricola, senza ibridi, rispettando la natura e il lavoro».
Vandana Shiva, fisica ed economista, India
Cerimonia di chiusura di Terra Madre, 30 ottobre 2006

«Questa manifestazione ha permesso a noi cuochi di entrare in contatto con realtà che dalle nostre cucine non possiamo conoscere e apprezzare. Ormai siamo diventati uomini di spettacolo e nelle nostre apparizioni televisive dovremo diffondere lo spirito di Terra Madre. E poi dobbiamo aiutare i produttori: è paradossale che siano costretti a esportare i loro prodotti perché non vengono inseriti nei menù dei ristoranti locali. L’alimentazione oggi è gravemente malata, manca l’educazione e il risultato è l’allarmante obesità infantile: il modello occidentale è perdente, perché non pone al centro la cura dell’uomo, ma quella del denaro. Non omologatevi a noi, ma siate orgogliosi delle vostre diversità».
Ferran Adrià, cuoco, Spagna
Cerimonia di chiusura di Terra Madre, 30 ottobre 2006

«Basta alle ipocrisie dei falsi difensori dei terroir, che credono il consumatore un ignorante. Il futuro è nel “commercio equo”, cioè bilanciato secondo le esigenze di chi compra e di chi produce e nella qualità etica, rispettando le tradizioni e i saperi che il vino nasconde».
Marc Parcé, vigneron, Francia
Cerimonia di chiusura di Terra Madre, 30 ottobre 2006

«È emozionante pensare che il seme piantato a Terra Madre 2004 sia oggi germogliato, grazie alle cure di docenti e cuochi che condividono i nostri ideali. Ora all’appello mancano soltanto i governanti, con i quali discuteremo durante il forum mondiale di gennaio in Kenya a nome di tutta la grande famiglia Terra Madre».
Samuel Karanjia Muhunyu, Coordinatore Terra Madre e leader del primo convivium Slow Food in Kenya
Cerimonia di chiusura di Terra Madre, 30 ottobre 2006

«I cuochi nel Medioevo erano tra le figure più rispettate della corte, poi il nostro è diventato un mestiere per poveri migranti, fino all’avvento dei francesi, considerati i numi tutelari della cucina. Grazie a loro ci siamo resi conto della nostra importanza, però oggi occorre compiere un ulteriore passo in avanti diventando ecochef, persone interessate non solo alla tecnica, ma anche alla cultura del cibo».
Teresa Corçao, cuoca, Brasile
Cerimonia di chiusura di Terra Madre, 30 ottobre 2006

«Non sono né la terra di origine né la lingua né la politica né la religione a radunarci. Cos’è che ha spinto ognuno di noi da un angolo del pianeta a ritrovarsi qui, oggi? … In questa magnifica assemblea io non vedo sacchi, bottiglie e vasi, ma esseri umani, uomini e donne, demiurghi straordinari che partecipano al processo della creazione, che rendono possibile l’atto dello sfamarsi e del dissetarsi».
Kamal Mouzawak, giornalista e fondatore di Suk el-Tayeb, Libano
Cerimonia di apertura di Terra Madre, 26 ottobre 2006

«Quando tornai a casa dopo la prima edizione di Terra Madre a chi mi chiedeva quale fosse stata l’essenza di quell’esperienza rispondevo di avere percepito in modo evidente la mia appartenenza a qualcosa di importante e di nuovo: una controcultura globale, un pensiero in opposizione dinamica a valori codificati. Perché i nostri valori non sono gli stessi di quelli promossi dai nostri governi; e i nostri governi non stanno rispondendo ai bisogni reali dei loro cittadini … È perciò che ritengo che la cosa di cui maggiormente necessitiamo sia un’educazione pubblica universale in ecogastronomia, affinché tutti i nostri figli comprendano i valori essenziali a vivere su questo pianeta: come prendersi cura della terra e come cucinare il cibo in modo semplice».
Alice Waters, cuoca e vicepresidente di Slow Food Internazionale, Usa
Cerimonia di apertura di Terra Madre, 26 ottobre 2006

«Guardandovi io vedo la meravigliosa diversità della gente ma anche l’altrettanto meravigliosa diversità delle specie che voi rappresentate – le piante e gli animali di cui vi prendete cura e che difendete. Poiché gli agricoltori, i pastori, i raccoglitori, i pescatori e gli apicoltori radunati in questa sala formano una sorta di corpo rappresentativo, un parlamento mondiale delle specie … Voi, contadini, siete in prima linea nella lotta per la difesa dei molti contro l’uno. Voi rappresentate la specificità: la pianta adattata a un dato suolo, l’ingrediente indispensabile a un piatto tradizionale, il sapore indimenticabile che possiamo annoverare tra le meraviglie di questo mondo».
Michael Pollan, Scrittore e giornalista, Usa
Cerimonia di apertura di Terra Madre, 26 ottobre 2006

«Oggi, in campo alimentare, la vera novità, l’innovazione strategica, non sono le biotecnologie o gli ogm. Oggi la vera innovazione è il recupero della naturalità delle coltivazioni e degli alimenti, proprio nell’ambito della globalizzazione. Le biotecnologie e gli ogm sono il vecchio, che macina milioni e miliardi di dollari di profitti, per produrre da una parte il niente, dall’altra un’alimentazione insalubre e pericolosa e, dall’altra ancora, la “iugulante” situazione per cui grazie ai brevetti le popolazioni sono costrette a indebitarsi due volte, dovendo ricomperare le sementi … Dobbiamo combattere per una globalizzazione reale, cioè multipolare, multiculturale, di democrazia deliberativa diffusa, dove le tradizioni, le storie e le intelligenze locali siano realmente capaci di pesare per determinare una strategica parità nell’equilibrio dei piatti della bilancia tra le esistenze».
Mario Capanna, presidente del Consiglio dei diritti genetici, Italia
Conferenza “La libertà alimentare”, 28 ottobre 2006

«In Africa noi abbiamo tante risorse, ma ci rendiamo conto che alcune non sono state utilizzate bene a causa dell’analfabetismo e della mancanza di informazioni. Ci manca il cibo e la gente muore, non perché non ci siano le risorse, ma perché nessuno ha insegnato a quei popoli come mobilizzare tali risorse, usandole a vantaggio della loro famiglia. È mia opinione che tutte le donne debbano frequentare corsi di nutrizione/alimentazione e corsi di formazione. Tante donne in Africa non hanno accesso all’istruzione, di conseguenza, è responsabilità di noi, donne istruite che hanno viaggiato, fornire informazioni spiegando loro che cosa devono fare per migliorarsi».
Christine Lusakia, professoressa, Kenya
Workshop “Le donne e l’agricoltura: conoscenza e divulgazione”, 29 ottobre 2006

«Il cibo per me è soprattutto un incontro. Per me il palato non ha patria. Allora possiamo unire tutte le cucine, tutte le culture, tutti i popoli del palato. Quasta è una funzione importante dei cuochi. Che loro incontrino direttamente chi produce gli alimenti, trasformandoli poi direttamente nei loro ristoranti. Per me i cuochi, oggi, fanno quello che facevano un tempo i filosofi, i quali divulgavano le idee. Oggi i cuochi portano novità alle città, ai paesi, al mondo. Loro scoprono cose nuove e la maniera di cucinarle. Il cuoco trasmette un messaggio fondamentale che è il piacere del cibo.
Francisco Ancillero, Portogallo
Conferenza “Mangiare è un atto agricolo”, 29 ottobre 2006

«Ci sono tre variabili nella cucina: il prodotto, il cuoco e il modello culinario. Oggi c'è la tendenza, da parte di molte cucine, a lavorare mettendo in evidenza solo il prodotto; esistono poi delle cucine in cui il talento del cuoco può manipolare qualsiasi tipo di prodotto, facendone un piatto seducente, che sorprende e ottiene applauso; esiste, infine, un modello culinario, tra i più diffusi, per cui in un ristorante mediterraneo, fusion o piemontese che sia si consuma un modello, senza che ci interessi particolarmente il cuoco e senza neppure conoscerne i prodotti –molti modelli, infatti, non hanno nemmeno prodotti localizzabili. In che misura tali variabili rappresentano scelte autronome del cuoco o in che misura devono integrarsi le une alle altre?».
Alberto Capatti, rettore dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, Italia
Conferenza “Mangiare è un atto agricolo”, 29 ottobre 2006

«I cuochi devono stare insieme agli scrittori, insieme ai filosofi, insieme agli antropologi. Devono ragionare di un vocabolario nuovo, quello delle emozioni. Noi adesso siamo i possessori di un'arma potentissima che schiaccia l’avidità del mondo – l'elemento trasversale che inquina e rattrista la vita di tutti noi – e la possediamo perché siamo possessori di un’emotività sana, un privilegio che dobbiamo essere in grado di comunicare».
Fabio Picchi, cuoco, Italia
Conferenza “Mangiare è un atto agricolo”, 29 ottobre 2006

«La nostra ricchezza non ci porta a un ottimo, ma a sapercela cavare sempre, come esseri viventi, adattandoci alle condizioni più diverse. Nella vita non esiste l'ottimo, un'unica macchina uguale da tutte le parti. Tale affermazione significa che è nostro dovere conservare la biodiversità perché senza di essa si muore tutti. Gli ogm sono un simbolo dell'omogeneizzazione della vita alla quale ora ci stiamo confacendo: ora nel mondo si coltivano 90 milioni di ettari di piante geneticamente modificate che, introdotte nel 1986, non hanno prodotto da allora alcuna novità. L’unica ragione per cui esse sono coltivate sono ragioni economiche di mercato. La nostra ricchezza è la biodiversità culturale, senza la quale perderemmo quelle, indispensabili, dei semi e delle razze animali».
Marcello Buratti, genetista e biologo, Italia
Conferenza “Facciamo cose buone”, 27 ottobre 2006

«Il nostro Paese è orgoglioso di accogliere Terra Madre. Questa grande assemblea dimostra che c’è un modo diverso di interpretare e di vivere il mondo globale. Vandana Shiva ha detto: ”… we are creating another world …”: è così, è possibile vivere il mondo globale in modo diverso rispetto alle rituali occasioni in cui si incontrano i governi e le rappresentanze dei continenti e dei paesi. In una grande assemblea come questa si mettono in comunicazione civiltà, culture e storie, in una sintesi che non è solo un’alleanza di produttori, ma è una coalizione di contadini, di cuochi, di ricercatori, di intellettuali.
Quello che si costituisce con la vostra azione è un legame fraterno, fatto di relazioni umane che mettono insieme natura, lavoro, cultura e che hanno come fine la difesa della qualità della vita umana.
Vedete, quando nacque Slow Food, sembrò a qualcuno una reazione aristocratica della vecchia Europa conservatrice contro le proteine per tutti della democrazia fast food, sembrò un movimento elitario: non era così, in quella immagine c’erano due menzogne: la prima menzogna è l’idea che l’omologazione sia sinonimo di democrazia. Non è così: l’omologazione è sinonimo di totalitarismo. La seconda menzogna stava nell’idea sbagliata del progresso: non c’è progresso senza memoria, cultura, civiltà, diversità che sono sinonimi di libertà. Noi siamo perché vinca il multilateralismo, per la costruzione di un equilibrio di pace, di un mondo in cui ciascuno possa sentirsi a casa propria. E allora “buono, pulito e giusto” non è soltanto un criterio ragionevole per decidere che cosa si deve mangiare, ma può anche essere uno slogan efficace per costruire un ordine mondiale diverso e per orientare la politica di un grande paese come l’Italia».
Massimo d’Alema, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri, Italia
Cerimonia di chiusura di Terra Madre, 30 ottobre 2006

«Vengo dal Tagikistan e conosco bene la realtà dell’Afghanistan perché nel 1968 facevo parte di una delegazione culturale, mentre durante la guerra civile ero ambasciatore di pace in questo paese. Questo territorio, dove la terra e l’acqua sempre sono stati due elementi sacri, è famoso per il fatto che l’agricoltura è una vera e propria religione. La guerra è responsabile per quello che è successo in Afghanistan … Purtroppo oggigiorno questa terra, una volta fertile e sacra, è la maggiore produttrice di oppio, il che è sinonimo di morte per la popolazione locale. La morte viene da questa terra devastata e in rovina. Ci vogliono decenni per ristrutturare il paese. Sono convinto che la popolazione afghana abbia bisogno di più tempo, almeno di 100 anni, per tornare alla vita pacifica. Cibo buono e salutare è il simbolo di cultura sviluppata e agricoltura significa civiltà. La gente lavora la terra e il cibo è il coronamento dei loro sforzi e di tutto il processo agricolo. La pace, la pace e solo la pace può regalare la felicità alle persone. Qualsiasi tipo di guerra, conflitto o conflagrazione è contro la natura del genere umano civilizzato».
Davlat Khudonazarov, regista, Tagikistan
Conferenza “Cibo è pace”, 29 ottobre 2006

«Siamo a Torino non solo per ribadire il nostro no agli ogm, ma anche per conoscerci e scambiarci esperienze: siamo tutti fratelli, che vogliono diventare paladini della biodiversità e dell’ecologia».
Moises Quispe Quispe, presidente dell’Anpe (Asociación Nacional de Productores Ecológicos), Perù
Cerimonia di apertura di Terra Madre, 26 ottobre 2006

«Noi siamo l’esempio di come la volontà e la semplicità riescano a vincere anche in una terra senza risorse come la Bielorussia. Noi contadini dobbiamo diventare i difensori della biodiversità contro l’arroganza delle multinazionali, sempre con lentezza, come ci insegna Slow Food. Produttori di tutto il mondo unitevi!».
Ihar Danilau, coordinatore di Slow Food Bielorussia
Cerimonia di apertura di Terra Madre, 26 ottobre 2006

«I tre concetti fondamentali per un mondo dove economia, giustizia sociale, tutela ambientale e democrazia si possono incontrare e che dovrebbero essere i cardini di una nuova cooperazione internazionale sono quelli di “comunità locali”, “sovranità alimentare”, “saperi e sapori”. Il primo concetto ci parla di valorizzazione delle economie locali anche, perché ci insegna che noi non possiamo più esportare modelli neocoloniali di puro assistenzialismo … Il secondo è necessario per contrastare l’idea di sviluppo basato sulla dissipazione delle risorse ambientali e sull’omologazione delle culture, che ha reso dipendenti milioni di persone dalla lunga filiera delle multinazionali, cancellando tradizioni e autonomie. Il ciclo corto consente, invece, un fecondo scambio tra saperi tradizionali scientifici e, oltre a esaltare la dignità di pescatori e contadini che operano ancora in larga parte del mondo, favorisce la preservazione della biodiversità e della salute del pianeta. Infine i “saperi e sapori”, tutto ciò ci parla di buono e di gusto, e con i sapori si preservano le specifiche identità, e pertanto i beni cumuni: la terra., l’acqua, le energie.
Dobbiamo essere capaci di uscire dalla trappola della crescita illimitata, degli allevamenti intensivi, dai brevetti della genetica, dal monopolio delle sementi. Qui con semplicità, ma anche con convinzione, Terra madre dimostra che si può. E anche come governi dobbiamo farci attraversare da queste pratiche e produrre una nuova politica, di cooperazione anziché di competizione».
Patrizia Sentinelli, viceministro degli Affari Esteri con delega alla Cooperazione Internazionale, Italia
Cerimonia di apertura di Terra Madre, 26 ottobre 2006

«La gastronomia è strettamente correlata con il piacere che deriva dall'esperienza di gustare e assaporare il cibo. Ma è anche un'esperienza di cultura, oltre che un'esperienza che ha a che vedere con il gusto. La cosa straordinaria della gastronomia è il connubio tra aspetti molto differenti della vita umana».
Harold McGee, chimico molecolare ed esperto di gastronomia, Regno Unito
Conferenza “Facciamo cose buone”, 29 ottobre 2006

«Il concetto di sicurezza alimentare indica che tutti abbiamo il diritto di mangiare, mentre quello di sovranità alimentare sta a significare che ciascuno di noi può dedicarsi alle coltivazioni proprie della sua cultura. Questa ricchezza, in molti casi, si sta perdendo. Io penso che un'agricoltura sostenibile, un prodotto di qualità e un consumatore informato siano i tre elementi importanti per garantire un processo di sostenibilità e il riscatto della biodiversità».
Manrique Lopez Castillo, responsabile del Presidio del caffè di Huehuetenango e responsabile di Slow Food Guatemala
Conferenza “Facciamo cose buone”, 29 ottobre 2006

«Questo incontro si svolge a Torino, in un luogo chiamato Lingotto, un tempo cattedrale dello sviluppo fordista e taylorista, che ha avuto in questa città una storia importante. Voi siete qui ora a ricordarci che tutti noi, però, veniamo da radici più lontane, dalle radici delle terre degli avi e dei contadini, e questa cultura e questa memoria oggi sono preziose.
Noi tutti viviamo in una nuova era dello sviluppo capitalistico che si chiama globalizzazione. Una grande e gigantesca riorganizzazione dell’economia mondiale e dei suoi protagonisti. Si è parlato molto dei caratteri di questa rivoluzione ma noi abbiamo il dovere di avere imparato che questa riorganizzazione dell’economia mondiale non è solo scienza e non è solo innovazione, è anche riorganizzazione del potere. E oggi questo gigantesco processo è governato da grandi poteri economici che non hanno alcun interesse a considerare come vitali gli interessi di tanta parte della popolazione mondiale. Così, quella che potrebbe essere una grande opportunità, continua a essere anche dolore e sfruttamento. Così, invece di ridursi, la povertà aumenta nel mondo e aumentano le disuguaglianze, e questo sviluppo mette in conto anche la distruzione della natura … Noi dobbiamo fare sì che non ci sia nulla che valga di più della vita umana… Perché questo possa accadere noi dobbiamo raccogliere il vostro appello. Ricominciamo dal cibo, dal nostro rapporto con la natura. Per attraversare con questo tutto il tema dello sviluppo della partecipazione, della democrazia. Per restituire al termine solenne e antico di alleanza, il suo significato nobile, per fondare l’alleanza su comunità scelte e liberate. Per tornare a fare dell’esperienza delle persone il fondamento dell’organizzazione dell’economia e della società. La cultura del fare. Il saper fare.
Vorrei dirvi che anche la democrazia e anche la politica – come il cibo – devono lottare contro le sofisticazioni. Le sofisticazioni con il cibo possono nuocere alla salute delle persone, le sofisticazioni nella politica fanno male alla democrazia. Ripartire dal cibo, ripartire da chi compie ogni giorno la sua esperienza di vita, è una promessa per il futuro di tutti. Anche per la politica e per le istituzioni democratiche».
Fausto Bertinotti, presidente della Camera dei deputati, Italia
Cerimonia di chiusura di Terra Madre, 30 ottobre 2006

«Siamo molto soddisfatti per come stanno andando il Salone del Gusto e Terra Madre. Le due manifestazioni spingono alla riflessione, alla conoscenza di luoghi e culture diverse. Quindi non è solo un evento mangereccio, e neanche il mercato della convenienza o delle grandi abbuffate. Nelle prossime edizioni allargheremo gli spazi, vista la densità dei visitatori di quest’anno, creando un padiglione in più che colleghi Lingotto e Oval. Intensificheremo i rapporti tra istituzioni e produttori, per facilitarli sempre più a partecipare. Magari faremo anche una suddivisione dei prodotti seguendo il criterio di provenienza geografica, anziché quello della suddivisione merceologica».
Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, Italia
Conferenza stampa al Salone del Gusto, 29 ottobre 2006

«Grazie alla loro esperienza e passione, gli amici di Slow Food hanno lavorato per dare un’alternativa all’omologazione dei prodotti, dei gusti e dei sapori in atto nella società contemporanea. Ma non solo. Hanno saputo far riflettere sulla necessità della cura per la qualità del cibo e dell’ambiente dove viene prodotto, della difesa della dignità di chi nel cibo lavora, con particolare attenzione ai paesi considerati “a sud del mondo”».
Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, Italia
Tratto da La Stampa, 25 ottobre 2006

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