Chiacchiere di vino, musica e cucina/Slowfood

Uno spazio in cui leggere in anteprima e dibattere gli articoli della rivista italiana di Slow Food: osterie e locande d'Italia, recensioni, Presìdi, inchieste, desco music, itinerari del vino e dell'olio, balloons, biodiversità, Comunità del cibo, degustazioni, cultura alimentare…

10/02/2008

I suoni di Terra Madre, dal 23 al 26 ottobre

Elenco dei gruppi partecipanti
Clicca sul nome del gruppo per vederne il dettaglio, gli orari delle esibizioni e clicca qui per saperne di piu sui Suoni di Terra Madre

ASIA
1) Bangladesh - Teksoi Krishi Ganer
2) India - Karinthalakoottam
3) Mongolia - Il suonatore di horse fiddle

EUROPA EST
4) Bielorussia - Comunità di musici di Minsk
5) Bulgaria - Cantanti di musica tradizionale del villaggio Di Glogovo
6) Georgia - Gruppo della comunità dei produttori di vino di Kakheti
7) Russia - Raduniza
8) Russia - Gruppo della Comunità dei nativi Kamchadal
9) Russia - Cantante della Comunità dei pastori Tuvi
10) Russia - Gruppo Buryat del lago Baikal

EUROPA OCCIDENTALE
11) Cipro - Michalis Terlikkas and Mousa Music Ensemble
12) Francia - Eths Bandolets
13) Irlanda - The Gardeners
14) Italia – Coro La Baiolese
15) Italia - Taricata
16) Italia - Associazione Musicisti Calamus
17) Italia - Apori'a
18) Italia - Donne Di Giulianello
19) Italia - Raffele Pinelli
20) Italia - Gruppo Folkloristico Val Resia
21) Italia - La Malinteisa con monsieur De Rien
22) Italia - Raviole al vin
23) Italia - Mamuthonese e Issohadores di Mamojada
24) Italia - Bandakadabra
25) Italia - Donne Della Tammorra ANNULLATO
26) Italia - Calabria Marasà
27) Italia - Encelado Superbo
28) Italia - Ortoincondotta
29) Italia - San Salvario Sound Station
30) Italia – Pequenas Huellas
31) Norvegia - Lajla Storli & John Ole Morken
32) Scozia - Croiterian Chamas Chros
33) Svizzera – Duo Marsina
34) Svizzera - Bandella Bedanò
35) Spagna - Lluis El Sifoner

MEDIO ORIENTE
36) Turchia - Behcet Gulas

AFRICA
37) Cameroun - Produttori del Bamenda Highlands Convivium
38) Capo Verde - Era Uma Vez Un Boi
39) Etiopia - Zala Kamba
40) Etiopia - Sileshi Demissie
41) Senegal - Orchestra tradizionale di Dionwar
42) Kenia - Kailer Women Group Baringo Kenia

AMERICA NORD
43) Stati Uniti - Checkered Past
44) Stati Uniti - Onion Creek and Barn Dance

AMERICA CENTRO-SUD
45) Guatemala – Ko Konob (Nuestro pueblo)
46) Giamaica - Iion Station
47) Cuba – Duo Humberto y Daniel
48) Brasile - Encantadeiras
49) Brasile - Indios Guaranì ANNULLATO
50) Brasile - Cardoso Domingos Claudio e Alves da Silva Mendes Renan Antônio
51) Brasile - Agostinho Valdir José


Descrizione dei gruppi e orario di esibizione
Una cinquantina di esibizioni al giorno nei cinque palchi allestiti fra Lingotto e Oval, intitolati a cinque importanti etnomusicologi: Lomax, Carpitella, De Martino, Favara e Leydi.

ASIA

1) Bangladesh - Teksoi Krishi Ganer
Il leader del gruppo è anche il leader della comunità di Terra Madre. Si esibiscono in occasioni di feste e ricorrenze religiose. Il loro repertorio è formato da musiche della tradizione e dalla lalong, un tipo di canzone dall'armonia ripetitiva ma piacevole all'ascolto. I componenti del gruppo sono quattro, e suonano solo strumenti a corda: ektara, dotara, mondira e prem juri.

venerdì, 11:40, Palco Leydi, padiglione 3
sabato, 11:40, Palco Leydi, padiglione 3
domenica, 14:00, Palco Leydi, padiglione 3


2) India - Karinthalakoottam
La filosofia etno-musicale del gruppo è basata sulla salvaguardia e lo studio delle tradizioni; e la loro trasmissione alle nuove generazioni. La loro musica trae origine dall'arte e dalle forme del folclore autoctono. Lo strumento cardine che utilizza il gruppo è il caratteristico tamburo alto 60 centimetri chiamato chenda.

venerdì, 16:00, Palco Leydi, padiglione 3
sabato, 16:00, Palco Leydi, padiglione 3


3) Mongolia - Suonatore di horse fiddle
Un pastore che suona questo caratteristico violino di antica tradizione mongola, utilizzato prevalentemente nelle più importanti cerimonie religiose. A testimoniare la centralità del cavallo nella cultura mongola, è scolpita una testa equina sulla punta dello strumento.

venerdì, 14:00, Palco Favara, padiglione 1
sabato, 11:40, Palco Favara, padiglione 1


EUROPA EST

4) Bielorussia - Comunità di musici di Minsk
Studenti universitari di etnografia e cultura musicale bielorussa, che ripropongono strumenti (armoniche, ocarine e la duda, sorta di cornamusa) e tradizioni del folclore nazionale.

venerdì:, 15:15, Palco Favara, padiglione 1
sabato, 15:00, Palco Favara, padiglione 1
domenica, 11:00, Palco Favara, padiglione 1


5) Bulgaria - Musiciste tradizionali del villaggio di Glogovo
Provenienti da una comunità di etnia turca in terra bulgara, il duo si esibisce con voci e cornamusa.

venerdì h.15:50, Palco Favara, padiglione 1
sabato h.15:40, Palco Favara, padiglione 1


6) Georgia - Gruppo della comunità dei produttori di vino di Kakheti
Tre protagonisti di un canto polivocale (spesso connesso a una danza circolare) le cui origini si perdono nel tempo, tant’è vero che è stato dichiarato dall’Unesco come “patrimonio universale della cultura immateriale”. Utilizzando fonemi arcaici e misteriosi, il canto spazia fra differenti connotazioni ritmiche. La musica georgiana non si basa sulla scala europea diatonica di ottave, ma appoggia l’intervallo di quinta costante, lasciando in tal modo spazio all’improvvisazione.

venerdì, 11:00, Palco Leydi, padiglione 3
sabato, 11:00, Palco Leydi, padiglione 3
domenica, 11:20, Palco Leydi, padiglione 3


7) Russia - Raduniza
I membri del gruppo si sono attivati per la raccolta, lo studio e la promozione della musica tradizionale della regione di Vladimir. Nel periodo tra il 1999 e il 2007 il gruppo ha visitato diversi villaggi della regione, con lo scopo di individuare i migliori protagonisti della canzone-danza e dei riti cerimoniali. In base a quest'esperienza il materiale raccolto viene inserito e promosso dall'attività creativa del gruppo e riproposto nelle performance.
I musicisti sono cinque, i loro strumenti l’armonica, la balalaica, la fistola (sorta di flauto), il cornetto di Vladimir e un flauto a siringa.

venerdì, 11:40, Palco Lomax, esterno Oval
sabato, 11:40, Palco Lomax, esterno Oval


8) Russia - Gruppo della Comunità dei nativi Kamchadal
Duo vocale e di danza, il cui stile ricalca antichi rituali sciamanici. Il suono è riprodotto utilizzando la gola e non il diaframma. Le danze e i canti proposti sono legati alla tradizione dei popoli indigeni della kamchatka ed esaltano la spiritualità della natura siberiana.

Venerdì, 14:40, Palco Favara, padiglione 1
Sabato, 14:20, Palco Favara, padiglione 1


9) Russia - Cantante della Comunità dei pastori Tuvi
Un pastore che pratica il canto gutturale, considerato come la forma più antica e coerente della tradizione tuva.

venerdì, 11:00, Palco Favara, padiglione 1
sabato, 11:00, Palco Favara, padiglione 1

10) Russia - Gruppo Buryat del lago Baikal
Il gruppo, espressione del Baikal Buryat Center for indigenous culture, si esibirà nella cerimonia dello zookhei, mettendo in scena canti tradizionali dedicati sia agli animali, sia ai produttori di cibo. Eseguiranno la danza tradizionale circolare ekhor che unirà ogni componente nell'esprimere ringraziamenti alla madre terra, al cibo e alle coltivazioni. La danza è eseguita in direzione del sole in senso orario, con pause alternate a repentine accelerazioni. Gli strumenti musicali sono quelli a corda della tradizione: il khur e lo yatagaa. I membri del gruppo indosseranno abiti tradizionali, alcuni "pezzi" del costume consentono di poter identificare il clan di appartenenza.

venerdì, 14:35 Tappeto Carpitella, padiglione esterno
sabato, 14:35 Tappeto Carpitella, padiglione esterno
domenica, 13:40 Tappeto Carpitella, padiglione esterno


EUROPA OCCIDENTALE

11) Cipro - Michalis Terlikkas and Mousa Music Ensemble
Musica tradizionale cipriota, con violino, liuto, chitarra, percussioni e voce.

venerdì, 14:00, Palco Leydi, padiglione 3
sabato, 14:00, Palco Leydi, padiglione 3


12) Francia - Eths Bandolets
Il gruppo si forma nel 1977, nella zona più profonda della Bigorre. Propongono canti tradizionali dei Pirenei durante feste popolari e partite di rugby. Il nome significa "banditi".

venerdì , 15:20, Palco Leydi, padiglione 3
sabato, 14:00, Palco De Martino, padiglione 2


13) Irlanda - The Gardeners
L'Irlanda è l'unico paese al mondo ad avere uno strumento musicale – l'arpa – come simbolo nazionale I “giardinieri” provengono da Ballycotton, nell'Irlanda del Sud. La musica è sempre stata la protagonista nella comunità in cui vivono e il gruppo si ispira – attualizzandola – alla ben nota tradizione irlandese, usando flauti metallici, violini, tamburi irlandesi, chitarra e basso.

venerdì, 11:00, Palco Lomax, esterno Oval
sabato, 11:00, Palco Lomax, esterno Oval
domenica, 11:20, Palco Lomax, esterno Oval


14) Italia – Coro La Baiolese
Il coro di Bajo Dora è sorto nell’ottobre del 1966 grazie alla spinta di Amerigo Vigliermo, che ne è tuttora il leader. In tutti questi anni il coro si è dedicato alla ricerca e raccolta della tradizione orale della gente tra cui vive, sia riproponendola nelle sue esibizioni, sia catalogandola negli archivi del Centro Etnologico Canavesano, fondato nel 1975.

domenica, 14:50 Tappeto Carpitella, padiglione esterno

15) Italia - Taricata
L'origine del nome va ricercata nel dialetto dove "taricata" sta per radice. La formazione di San Vito dei Normanni è storica e rappresenta un vero e proprio monumento per la cultura salentina. Il gruppo, che può contare musicisti di ben tre generazioni, nasce nel 1977 e scopre e propone musiche e canti popolari della terra del Salento e di Puglia, non scevri da contaminazioni con strumenti, tecniche e arrangiamenti sempre nuovi.

venerdì, 15:10, Palco Lomax, esterno Oval
sabato, 15:15, Palco Lomax, esterno Oval
domenica, 11:20, Palco Lomax, esterno Oval


16) Italia - Associazione Musicisti Calamus
Musica tradizionale etnica del Frusinate e della Ciociaria. Il gruppo – composto da sette musicisti che suonano zampogna, fisarmonica, ciaramella, ocarina, contrabbasso, percussioni e flauti – ha un repertorio che spazia dalle musiche e canti della tradizione popolare a composizioni proprie. La loro musica viene eseguita nelle feste e ricorrenze popolari.

venerdì, 17:40, Palco Lomax, esterno Oval
sabato, 17:40, Palco Lomax, esterno Oval
domenica, 16:10, Palco Lomax, esterno Oval


17) Italia - Apori'a
Il gruppo è composto da cinque poeti che improvvisano cantando a temi a contrasto scelti dal pubblico. Sono componimenti in ottava endecasillabica rimata secondo lo schema ABABABCC. Il "poeta" che risponde deve terminare il primo verso con l'ultima sillaba dell'ultimo verso del poeta che lo ha preceduto. È una forma artistica diffusa in tutto l'Appennino centrale. Non è mai accompagnata da strumenti musicali. I temi affrontati erano legati, fino agli anni '70, alla letteratura epico-cavalleresca e alla mitologia. Oggi ciò sta scomparendo per fare posto ai temi dell'attualità.

venerdì, 17:20, Palco Leydi, padiglione 3
sabato, 17:20, Palco Leydi, padiglione 3


18) Italia - Donne Di Giulianello
Canti polivocali o monodici per sole voci femminili, trasmessi oralmente da madre in figlia durante il lavoro nei campi. Le esecutrici non sono costituite in gruppo e la formazione varia secondo gli impegni di famiglia o di lavoro. Sono tutte contadine o in attività o in pensione, tranne un paio che dopo aver lavorato nei campi per oltre trent’anni adesso vendono pane cotto a legna. Nel loro repertorio canti del lavoro, paraliturgici legati alla religiosità popolare(canto della passione di Cristo o di ringraziamento), della festa (stornelli ciociari), del matrimonio (brindisi, canto alla sposa) e a poeta (identica formula melodica e metrica usata dai poeti in ottava rima con la quale raccontano liete o tristi storie d’amore).

venerdì, 17:05, Tappeto Carpitella, padiglione esterno
sabato , 17:35, Tappeto Carpitella, padiglione esterno


19) Italia - Raffele Pinelli
Ancora bambino scopre l'organetto, lo strumento che ha segnato l'accesso alla modernità nella musica popolare. Inizia la sua attività artistica con Ambrogio Sparagna a 15 anni. I progetti, come le tournée nazionali e internazionali, cui partecipa sono numerosi: dalle piazze ai teatri, dai club alla televisione e alle radio. Laureato in musicologia, ha fatto parte dell'Orchestra Popolare de "la Notte della Taranta" e dell'Orchestra Popolare Italiana dell'Auditorium Parco della Musica di Roma. Attualmente, oltre ad essere consulente musicale, responsabile comunicazione e production manager dell'etichetta e management Finisterre di Erasmo Treglia, collabora come musicista con Giovanni Lindo Ferretti e Simone Cristicchi.
Partecipa ai Suoni di Terra Madre, oltre come esecutore, come coordinatore del progetto.

20) Italia - Gruppo Folkloristico Val Resia
Le musiche e le danze sono molto antiche, e sono giunte probabilmente in valle con i primi insediamenti della comunità resiana nel IV secolo. L'orchestra consta di soli due strumenti: il violino (citira) e il violoncello (bukula), mentre il battito del piede che accompagna tutta la musica è il "terzo strumento", fondamentale, che assicura il ritmo.

venerdì, 11:40, De Martino, padiglione 2

21) Italia - La Malinteisa con monsieur De Rien
Il gruppo propone antiche danze e musiche delle vallate occitane che esprimono attraverso la gestualità, le figure dei danzatori e il suono di antichi strumenti l'allegria del ritrovarsi insieme in occasione di feste agro-pastorali: il risveglio dell'orso, la fiera della pecora sambucana, il falò di San Giovanni, la festa della segale…

sabato, 16:35, Tappeto Carpitella, padiglione esterno
domenica, 16:20, Tappeto Carpitella, padiglione esterno


22) Italia - Raviole al vin
La fisarmonica e la voce di Luigi Barroero sono l'asse portante del gruppo mentre Carla è l'unica voce femminile. Barroero, amante a dismisura della sua madre Langa, è anche compositore e autore di pezzi che vanno dalla commozione allo sberleffo. Sempre presenti nelle manifestazioni Slow Food quando la musica è protagonista, sono anche "professori onorari" delle tradizioni canore all'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
Numero componenti: 8 (otto)

venerdì, 18:45, Tappeto Carpitella, padiglione esterno
sabato, 19:25, Tappeto Carpitella, padiglione esterno


23) Italia – Mamuthonese e Issohadores di Mamojada
Con visera lignea nera (maschera facciale) fermata da un fazzoletto scuro, mastruca nera (pelle di pecora senza maniche) e garriga (gruppo di campanacci), si dispongono incolonnati su due file, creando uno spazio all'interno. Una fila procede a piccoli passi, andando avanti col piede sinistro, retrocedendo col piede destro; la fila opposta, avanza col piede destro e retrocede col sinistro, formando un effetto scenico considerevole. Gli issohadores, intorno al gruppo, catturano le donne con sa soha, la leggera corda di giunchi intrecciati.
L'associazione Atzeni Beccoi mantiene viva la tradizione dei riti che si ripetono ogni anno a Mamoiada, in provincia di Nuoro, intorno ai fuochi di Sant'Antonio il 17 gennaio e poi a Carnevale. Sono una delle icone della Sardegna nel mondo e si esibiranno esclusivamente nella cerimonia di apertura di Terra Madre.

Giovedì, 15:00, PalaSport Olimpico (Isozaki)
Cerimonia ufficiale di apertura di Terra Madre


24) Italia – Bandakadabra
Si caratterizza come marching band e fanfara di strada il cui repertorio si ispira principalmente alle sonorità dell'area balcanica e mitteleuropea. Il progetto, nato nel gennaio 2005 dall'incontro di circa venti musicisti provenienti da esperienze artistiche diverse, si contraddistingue per l'originalità degli arrangiamenti e per la ballabilità dei brani eseguiti. Calypso centroamericani, nigun, marcette, struggenti melodie zingare si fondono con la tradizione bandistica italiana dando vita a performance itineranti coinvolgenti e cariche di allegria.

Giovedì, 15:00, PalaSport Olimpico (Isozaki)
Cerimonia ufficiale di apertura di Terra Madre


25) Italia - Donne Della Tammorra
Balli e canti tradizionali delle masserie del Sud Italia: tammurita con ballo articolato tra due persone in coppia; canto a "figliola", melodia intonata da un solo cantore in occasione della festa della Madonna del Castello; e la "paranza". Gli strumenti del gruppo di Somma Vesuviana sono quelli classici: tammorra (tamburello con sonagli), castagnette (nacchere), doppio flauto (flauto a due canne), putipù (scatola di latta coperta da pelle di animale con al centro l'estremità di una canna), triccheballacche (tre martelletti di legno che percuotono il principale fisso); treccai campanelli (vecchi campanelli di bicicletta infilati in una ellisse di ferro).

ANNULLATO

26) Italia - Calabria Marasà
Questi musicisti sono anche ricercatori di canti popolari calabresi. La loro ricerca pone un’attenzione scrupolosa sulle tradizioni popolari, riproponendole in modo coerente con l’originale. Il gruppo si esibisce utilizzando gli antichi strumenti calabresi quali lira, chitarra battente, zampogne organetto e fisarmonica.

venerdì, 18:15, Palco Lomax, esterno Oval
sabato, 18:15, Palco Lomax, esterno Oval


27) Italia - Encelado Superbo
Animatore e anima del gruppo, Pippo Cardello da anni conduce ricerche sulle storie e tradizioni della Sicilia. Nel 2006 il gruppo ha prodotto un lavoro denominato Sicilia d’Aranci, una serie di pezzi sugli agrumi, vanto e disperazione dei siciliani. Il gruppo trae il proprio nome dal gigante Encèlado che, secondo il mito, vive prigioniero dell’Etna.

venerdì, 16:55, Palco Lomax, esterno Oval
sabato, 17:10, Palco Lomax, esterno Oval


28) Italia – Ortoincondotta
Sono i ragazzi della scuola media di Carife, che si cimentano in canti sulle condizioni di vita della “Baronia e della Valle Ufita”. È un gruppo corale musicale guidato nella ricerca dall’insegnante di lettere Salvatore Salvatore e dal docente di musica Lucio Lazzeruolo. I loro canti hanno come tema la dura vita dei campi, la transumanza dei pastori e non da ultimo i canti d’amore dei pastori e dei contadini.

venerdì, 17:15, Palco De Martino, padiglione 2
sabato, 17:20, Palco De Martino, padiglione 2


29) Italia - San Salvario Sound Station
Nasce dalla volontà di favorire l’integrazione e l’educazione multiculturale attraverso la musica, forma di espressione culturale universale, radicata nelle culture e nelle identità, ma capace di contaminarle, alleggerendone i confini e restituendone la fluidità. Si tratta di un progetto di formazione e produzione musicale a San Salvario, che offre corsi di strumento e laboratori di musica d’assieme, in cui trovano spazio discipline musicali inconsuete e multiculturali, curate da musicisti di alta qualità artistica. Si esibiranno durante la cerimonia di apertura di Terra Madre.

Giovedì, 15:00, PalaSport Olimpico (Isozaki)
Cerimonia ufficiale di apertura di Terra Madre


30) Italia – Pequeñas Huellas.
È un coro di 200 bambini di diverse nazionalità provenienti dalle aree dove si soffre la guerra, la malattia e la fame. Pequeñas Huellas è anche un progetto di sviluppo culturale che consiste nell’organizzare in diverse parti del mondo laboratori e corsi per bambini e giovani musicisti per stimolare l’interessamento alla musica locale e la sua interpretazione sia colta, sia popolare. Il coro, coordinato da Sabina Colonna Preti, esegue brani tratti dalla tradizione orale andina e trascritti da Baltasar Martínez Compañón, vescovo di Trujillo, il quale li fissò in notazioni musicali. I brani eseguiti vanno dalle danze alle canzoni, dalle melodie ai balli cantati le cui tematiche passano dall’amoroso al natalizio con riferimenti alla schiavitù.

Giovedì, 15:00, PalaSport Olimpico (Isozaki)
Cerimonia ufficiale di apertura di Terra Madre


31) Norvegia - Lajla Storli & John Ole Morken
Le musiche e i testi delle canzoni sono l'eredità delle antiche tradizioni musicali norvegesi e la testimonianza di una cultura che ne preserva la storia. Durante le loro esibizione indossano i costumi tradizionali.

venerdì, 11:40, Palco Favara, padiglione 1
sabato, 13:40, Palco Favara, padiglione 1
domenica, 14:55, Palco Favara, padiglione 1


32) Scozia - Croiterian Chamas Chros
Musica tradizionale scozzese delle Highlands, per ballare lo jigg, il reel o lo strathspeys. La cornamusa è quella di origini antiche, sostituta più tardi dalla più conosciuta war pipe. Detta cornamusa è l'ideale per sostenere il ritmo delle danze sopra citate, al contrario della war pipe usata soprattutto per i toni più melodiosi, ma guerreschi.

venerdì, 14:35, Palco Lomax, esterno Oval
sabato, 14:40, Palco Lomax, esterno Oval
domenica, 14:50, Palco Lomax, esterno Oval


33) Svizzera - Duo Verbanus
Con zampogna e ciaramella propongono musiche del Ticinese, con qualche "incursione" anche nella musica polare delle regioni italiane.

sabato, 14:00, Palco Favara, padiglione 1

34) Svizzera – Duo Marsina
Eseguono un repertorio di danze e canti del Canton Ticino. Il due è composto oltre che da Pietro Bianchi, etno-musicologo collaboratore con la R.T.S.I., anche da Barbara Knoph. Le loro musiche sono il frutto delle diverse campagne di ricerca sul campo, raccolte dalla viva voce dei contadini e che rispecchiano il mondo rurale ticinese.

venerdì, 16:25, Palco Favara, padiglione 1
sabato, 16:40, Palco De Martino, padiglione 2
domenica, 14:10, Palco Favara, padiglione 1

35) Spagna - Lluis El Sifoner
Cantante folk di Valencia, si esibisce con il suo gruppo composto da sei elementi, con strumenti tradizionali: cornamusa, clarinetto, sassofono, dulcimer e percussioni (tabal e baixo).

venerdì, 13:55, Palco Lomax, esterno Oval
sabato, 14:00, Palco Lomax, esterno Oval
domenica, 13:40, Palco Lomax, esterno Oval


MEDIO ORIENTE


36) Turchia - Behcet Gulas
Chitarrista e cantante, figlio di Veli Gulas, morto l'anno scorso, che ricevette lo Slow Food Award nel 2000. Continua il lavoro familiare del padre producendo miele. Behcet è anche un cantante di musica tradizionale della zona del Mar Egeo e Mediterraneo.

venerdì, 11:20, Palco Favara, padiglione 1
sabato, 11:20, Palco Favara, padiglione 1
domenica, 11:45, Palco Favara, padiglione 1


AFRICA

37) Camerun - Produttori del Bamenda Highlands Convivium
Musica folcloristica africana la cui ispirazione deriva soprattutto dalla natura e dalla vita nei campi. Sono gli animatori degli eventi delle loro comunità e usano strumenti fatti a mano, dalle forme sono curiose e intriganti. Fra gli strumenti interessanti – ad accompagnare una o due voci femminili, secondo il tipo di brano – segnaliamo lo xilofono di legno e la chitarra africana, somigliante a una vela.

venerdì, 15:25 Tappeto Carpitella, padiglione esterno
sabato, 15:15 Tappeto Carpitella, padiglione esterno


38) Capo Verde - Era Uma Vez Un Boi
Un gruppo che attinge alle tradizioni capoverdiane senza disdegnare una reinterpretazione in chiave moderna dei canoni storici. Gli strumenti sono soprattutto chitarre, alcune molto particolari come la covaquino o il caratteristico banjo.

venerdì, 15:45 Palco Lomax, esterno Oval
sabato, 15:50 Palco Lomax, esterno Oval


39) Etiopia - Zala Kamba
Un gruppo di venti ballerini di musica tradizionale etiope.

venerdì, 11:35 Tappeto Carpitella, padiglione esterno
sabato, 11:35 Tappeto Carpitella, padiglione esterno
domenica, 15:30 Tappeto Carpitella, padiglione esterno

40) Etiopia - Silessi Demissie
Musicisti di notevole fama, non disgiunta dal loro impegno nel sociale, soprattutto per le loro battaglie contro la deforestazione. Si tratta di un duo: un cantante e un suonatore di krahar (chitarra etiope).

venerdì, 11:00, Palco De Martino, padiglione 2
sabato, 11:00, Palco De Martino, padiglione 2
domenica, 11:00, Palco De Martino, padiglione 2


41) Senegal - Orchestra tradizionale di Dionwar
Un gruppo di una decina di donne delle isole Saloum, che raccolgono e trasformano le conchiglie e che suonano varie percussioni fra cui le calabas, strumenti simili a zucche vuote. Sono le animatrici della vita del villaggio, dai matrimoni alle celebrazione alle feste religiose.

venerdì, 11:00 Tappeto Carpitella, padiglione esterno
sabato, 11:00 Tappeto Carpitella, padiglione esterno
domenica, 14:10 Tappeto Carpitella, padiglione esterno


42) Kenia - Kailer Women Group Baringo Kenia
Il gruppo proviene dall’arido distretto di Baringo, nella Central Rift Valley. I componenti appartengono all'etnia llchamus, interna alla più grande comunità Masai. La musica proposta sono balli e canti tribali. Fra gli strumenti più particolari, il calabash shakers: il frutto di un tipo di palma essiccato al cui interno sono inseriti dei sassolini; questo "baccello" ha un'impugnatura naturale la quale permette di scuoterlo ritmicamente, emettendo un suono simile alle maracas. I bastoni, lunghi oltre due metri, vengono utilizzati per accompagnare i passi dei danzatori, simulando sia la lancia che difende dai predatori, sia il vincastro che governa il gregge. E inoltre corni, fischietti, campanelli di metallo e tamburi in pelle di vacca…

venerdì, 13:55 Tappeto Carpitella, padiglione esterno
sabato, 13:55 Tappeto Carpitella, padiglione esterno


AMERICA NORD


43) Stati Uniti - Checkered Past
Un gruppo di cinque elementi che con violino, banjio e contrabbasso eseguono musica ispirata ai ritmi jazz e folk della tradizione multiculturale americana. I testi delle loro canzoni sono ricchi di riferimenti al cibo e alla necessità di un cambiamento sostenibile.

venerdì, 16:20, Palco Lomax, esterno Oval
sabato, 16:20, Palco Lomax, esterno Oval
domenica, 15:30, Palco Lomax, esterno Oval


44) Stati Uniti - Onion Creek and Barn Dance
I componenti del gruppo lavorano a stretto contatto con agricoltori e la loro musica trae ispirazione dal mondo rurale e agricolo. Per questo le loro canzoni affondano le loro radici nella musica tradizionale americana anche se molti sono gli apporti personali e innovativi dei due musicisti. I testi delle canzoni riflettono temi come la sostenibilità e la vita degli agricoltori.

venerdì, 14:00, Palco De Martino, padiglione 2
sabato, 16:20, Palco Favara, padiglione 1
domenica, 11:45, Palco De Martino, padiglione 2


AMERICA CENTRO-SUD

45) Guatemala – Ko Konob (Nuestro pueblo)
Musicisti indigeni, suonatori di marimba, uno strumento a percussione con tavole di legno sotto le quali sono disposte come "risuonatori" zucche essiccate e svuotate o grosse canne di bambù. La versione moderna dello strumento è la xilorimba con tavole di metallo e "risuonatori" di metallo ed è entrato a far parte delle orchestre di musica leggera e/o sinfonica.

venerdì, 14:40, Palco Leydi, padiglione 3
sabato, 14:50, Palco Leydi, padiglione 3
domenica, 14:50, Palco Leydi, padiglione 3


46) Giamaica - Iion Station
Duo ispirato alla filosofia rastafariana, esegue brani di matrice religiosa con percussioni e voci.

venerdì, 15:20, Palco De Martino, padiglione 2
sabato, 16:00, Palco De Martino, padiglione 2
domenica, 14:00, Palco De Martino, padiglione 2


47) Cuba – Duo Humberto y Daniel
La loro musica è ispirata alle tradizioni (anche gastronomiche) cubane. Fra i loro caratteristici strumenti spicca la maribula, di antiche origini africane: un parallelepipedo di legno con due fori di dimensioni diverse; sotto l'ultimo foro ci sono delle lamelle di metallo orizzontali di dimensioni diverse che, pizzicate, producono il suono.

venerdì, 14:40, Palco De Martino, padiglione 2
sabato, 11:40, Palco De Martino, padiglione 2


48) Brasile – Encantadeiras
Musica tradizionale brasiliana eseguita da quattro donne accompagnate da una percussione indigena.

venerdì, 16:00, Palco De Martino, padiglione 2
sabato, 15:20, Palco De Martino, padiglione 2
domenica


49) Brasile - Indios Guarani
Il popolo Guarani è stato uno dei primi con i quali gli europei hanno stabilito un contatto. Questo popolo che attualmente vive anche in Paraguai, Argentina e Brasile ha mantenuto la propria identità culturale: religione, lingua, cucina, balli e canti. La formazione che sarà presente a Terra Madre è composta da otto giovani dai 12 ai 16 anni, che hanno partecipato alla registrazione di un CD doppio Nande Aradu Pygua -Memoria Viva Guarani. Ad essi si aggiungeranno tre musicisti che si esibiranno con mbaepu, rawe e angua pu, per suonare la Danxa do Xondaro.

ANNULLATO

50) Brasile - Cardoso Domingos Claudio e Alves da Silva Mendes Renan Antônio
Duo composto da viola e sassofono, che eseguono musiche del nord est del Brasile.

venerdì, 16:40, Palco De Martino, padiglione 2
sabato, 14:40, Palco De Martino, padiglione 2
domenica, 15:15, Palco De Martino, padiglione 2


51) Brasile - Agostinho Valdir José
Cantante e artista plastico.

venerdì, 17:00, Palco Favara, padiglione 1
sabato, 16:55, Palco Favara, padiglione 1





Etichette: ,

7/01/2008

Pollenzo Mon Amour

Dal 18 luglio al 9 agosto 2008



18-19 luglio
Un assaggio dei profumi, dei gusti e delle musiche del Meeting mondiale delle Comunità del Cibo, che si terrà dal 23 al 26 ottobre a Torino. Assaggiate involtini vietnamiti in carta di riso con verdure e gamberi, tortilla di mais con pollo y guacamole messicani, pita e souvlaky greci, con la collaborazione del ristorante Las Rosas di Torino e il Laboratorio Gastonomico di Duvert. Si finisce con i gelati di -18 e si accompagna il tutto con le birre del Nuovo Birrificio Nicese di Nizza Monferato.

Venerdì 18
Red Hot Polka!
19,00 Dj EgOmaniac
21,30 Diego’s Umbrella

Sabato 19
Waiting Terra Madre
19,00: Dj Rinatz
21,30: Banda Elastica Pellizza


25-26 luglio
Un viaggio nell’Italia delle tradizioni rionali, in collaborazione con le condotte Slow Food della Riviera del Brenta, di Cesena, di Dogliani e Carrù. Assaggiate le sarde in saor e il fritto della Laguna in cartoccio, la piadina Romagnola, gli agnolotti del plin langaroli, tutte le sfumature del farro della Garfagnana di Andrea Bertucci, i dolci delle Tre Marelle e i gelati di –18. Il tutto accompagnato dai Dolcetti della Bottega del vino di Dogliani (Lorenzo Conterno) e dalle birre di Citabiunda di Neive.


Venerdì 25
Ma il cielo è sempre più blu
19,30: Il salotto di Mao
21,30: Rino Gaetano Band

Sabato 26
In amore con tutti
19,00: Feel Good Productions
21,30: I mostri
22,30: Tre Allegri Ragazzi Morti

1-2 agosto
La Puglia in tavola e nell’aria, nelle danze a piedi nudi, nei tamburelli che vibrano eccitati. Assaggiate i formaggi freschi e stagionati, le orecchiette maritate con pomodorini alla crudaiola, i dolci con le mandole. E poi i gelati di -18, i vini pugliesi e le birre di Le Baladin di Piozzo.

Venerdì e sabato 1/2
Le notti della pizzica
19,30, venerdì e sabato: Feel Good Productions
21,30, venerdì: Taricata
21,30, sabato: La Paranza del Geco

8-9 agosto
Gusti forti, per un ruspante finale. Panini come si deve, un fast food inventato prima che ce lo venissero a spiegare dall’America, molto, molto più buono. Farciture al salame cotto e toma di Murazzano Penta, prosciutto crudo di Carlo Dall'Ava di San Daniele del Friuli, burro d'alpeggio di Elva con acciughe della riviera Ligure, mortadella Due Torri Alcisa di Bologna, salciccia del Laboratorio di macelleria La Cascata, frittata di cipolle di Daniele Sandri del Ristorante Albergo dell'Agenzia. E poi gelati -18 e le le birre di Troll di Vernante.

Venerdì 8
Il mostro elettorale e altre storie
19,30: Carlmars Dj
21,30: Fratelli Sberlicchio

Sabato 9
MySpace is Pollenzo
Una notte “in acustica”, con orchestre, bande e musiche a zonzo sul prato. Ritmi balcani, klezmer, romagnoli, con fiati e violini in grande evidenza, per una festa dedicata a tutti gli amici di MySpace di Slow Food, di Terra Madre e di Pollenzo Mon Amour. E a tavola, analogo melting pot!

18,30: Boogie Dj
Dalle 20,00 in poi: Bandakadabra, Mishkalé, Pappazzum, Bruskoi Triu, Crêpes Suzette e altre sorprese fino a quando non ci fanno smettere…

In collaborazione con:

Hiroshima Mon Amour, con un sincero ringraziamento a Fabrizio Gargarone.


INGRESSO: 3 euro; abbonamento a 8 serate, 12 euro
Per informazioni: 0172 458416
Mail: f.vespa@agenziadipollenzo.com
pollenzomonamour@agenziadipollenzo.com
Web: www.agenzidipollenzo.com
MySpace: www.myspace.com/pollenzomonamour

Scarica la locandina dell'evento (pdf)

Etichette:

3/03/2008

Dolce più dolce

A pranzo con Nada, alla Cantina di Scansano
di Alberto Campo, le foto sono di Alex Astegiano

Da quando, ragazzina con minigonna e stivali, seduceva il pubblico televisivo dall’Ariston di Sanremo cantando “Ma che freddo fa” è trascorsa quasi una vita. E la sua stessa vita, artistica e non, è molto cambiata da allora. Eppure alcune cose sono rimaste tali e quali: il volto ancora vagamente infantile e lo sguardo impertinente. Lo si nota osservandola mettersi in posa – col sigaro toscano in bocca! – all’esterno della Cantina, enoteca con annesso ristorante situata nel borgo antico di Scansano, dove ci siamo dati appuntamento. Da qualche anno Nada abita qui vicino, sulle colline tra Manciano e Capalbio, in piena Maremma. Un buen retiro in cui cova canzoni e storie (sta ultimando a proposito il suo secondo libro, dopo avere debuttato da scrittrice nel 2003 con Le mie madri).
Il locale ubicato al promettente indirizzo di Via della Botte ha il fascino austero delle architetture tardo-rinascimentali. Ci spiegano che in origine faceva corpo unico con gli edifici adiacenti, frazioni di un unico palazzo patrizio risalente al XVII secolo. Nomen omen, questa ne era davvero la cantina, sormontata da un granaio, con accanto le antiche sedi della banca municipale e dell’ufficio postale. Entrando, oltre a una parata di bottiglie da capogiro, fanno mostra di sé prodotti tipici della zona, alimentari e non. Passato l’atrio e attraversato un corridoio, si sbuca nell’ampia sala da pranzo: mattoni a vista, arcate, tavoli e sedie in legno di castagno, come se i secoli non fossero trascorsi. Una sensazione di sobria eleganza avvolge le cose.
Seduti a tavola, sgranocchiamo grissini, schiacciata e pane della casa. Il fai-da-te è regola in questo posto, dove in cucina si lavorano verdure cresciute in orto biologico, come la zucca e i pomodori contenuti nelle mousse che aprono il pasto. E, trovandoci a Scansano, non possiamo non bere il Morellino, gloria dei vinificatori locali. «Era un vino povero, da mescita, che però col tempo hanno imparato a lavorare bene» spiega Nada. Nell’occasione, apprezziamo il Primo prodotto dall’azienda agricola Bargagli, seguito da un Massi di Mandorlaia che arriva dalla tenuta Guicciardini a Montespertoli, in provincia di Firenze. E girano le prime portate: tortelli di castagne, zuppa di fagioli e cavolo nero, lasagnetta al sugo di coniglio. Nada apprezza e racconta…

Che rapporto hai col cibo?
Adesso buono, a differenza del passato. Da bambina ero di una magrezza spaventosa e il cibo per me era sofferenza, mangiavo veramente poco, nemmeno i dolci. Mi piacevano solo le castagne. Ero la disperazione della famiglia: mamma cucinava cose apposta per me, ma non c’era verso di convincermi. Anzi, diventavo prepotente: sapevo che lo scopo di mamma e di mia sorella maggiore era farmi mangiare e io ricambiavo con i capricci, volevo un piatto diverso per ciascuna portata, perfino la lattuga in uno e il pomodoro in un altro. Strano ripensarci adesso, che sono diventata addirittura golosa…

Parlaci della tua famiglia…
Sono nata a Gabbro, un paesino nei dintorni di Livorno. Eravamo un famiglia povera e abitavamo in una casa di campagna: mio padre era contadino, faceva il grano e il vino, vendeva i prodotti della terra e noi vivevamo di quello.

Poi la fama precoce: come andarono le cose?
Non è che volessi fare la cantante, mi ci sono ritrovata: avevo questa voce fin dai tempi della scuola e tutti dicevano che ero brava. Fu mamma a spingere affinché facessi dei provini: un tizio li ascoltò e mi portò subito a Roma a firmare un contratto. E così, poco dopo, eccomi a Sanremo, nel mezzo di un delirio di gente, successo, quattrini e cose da fare: una situazione molto più grande di me. Detestavo la finzione che c’era intorno, l’interesse morboso nei miei confronti. E dopo il festival, i concerti nei locali: cantavo, correvo dietro le quinte a vomitare e ricominciavo a cantare. Probabilmente ero anoressica, ma allora non se ne sapeva nulla. Dicevano che ero esaurita.

Quando è arrivato il cambiamento?
Intorno ai 30 anni, dopo aver smesso di fumare sigarette, che – si sa – fa aumentare l’appetito. Poi c’era mia figlia Carlotta che stava diventando grande: fin lì l’aveva cresciuta mia madre, visto che io continuavo a lavorare per mantenere la famiglia. E lei stava sviluppando un rapporto col cibo migliore del mio, tanto che poi da adolescente si è messa a cucinare con piacere. Fatto sta che mi sono sciolta e ho cominciato finalmente a mangiare gustando il cibo. Credo sia andato di pari passo con una maggiore consapevolezza di me stessa: prima ero troppo spaventata e angosciata dalla vita che facevo.

E cominciasti anche a cucinare?
Sì, anche se non molto, visto che il tempo a disposizione era poco, e per cucinare ne serve parecchio, soprattutto se uno è – come me – perfezionista. Preferisco comunque mangiare più che stare ai fornelli. Non sono male come cuoca: le poche cose che faccio, soprattutto zuppe e minestre, le faccio bene. Preferisco i piatti semplici a quelli troppo elaborati. Tipo questa zuppa…

Zuppa che, ci viene spiegato, è una sorta di ribollita con dentro quattro qualità diverse di fagioli che, però, non viene passata in forno dopo la cottura sulla fiamma. Una vera squisitezza. Squilla in lontananza la suoneria di un portatile nell’indifferenza generale. Scopriremo dopo che si tratta di quello di Nada. Siamo troppo presi dalla conversazione, dal cibo e dal vino.

Quando ti sei trasferita in Maremma? E perché?
È successo nel 2003, dopo aver vissuto per più di 30 anni a Roma, una città che adoro e sento ancora mia, ma è proprio l’idea di città che non sopporto più, con tutta la frenesia e la confusione relative che finiscono per travolgerti. Abbiamo scelto la Maremma perché è più vicina di Livorno a Roma, dove tuttora vive mia figlia. E il posto è davvero speciale: abbiamo costruito dal nulla una specie di convento avveniristico su una collina isolata, con nessuno intorno per una ventina di chilometri, in una zona sotto tutela del Wwf. Abbiamo l’orto, quattro ettari di olivi e due di bosco, di cui abbiamo affidato la cura a gente del posto: mi sarebbe piaciuto occuparmene, ma tra la musica e i libri non è che abbia poi tutto questo tempo libero.

Il trasferimento avrà migliorato la qualità della vita, no?
Non è che sia successo di colpo, già prima ero attenta alle cose naturali e di qualità, ma è ovvio che adesso la vita sia cambiata tantissimo: qui c’è un’altra dimensione del tempo e per questo dai alle cose un valore diverso, più equilibrato. È bellissimo dormirci, e io sono una che dorme almeno 12 ore per notte: ne ho più bisogno che di mangiare. Ed è piacevole usare in cucina le cose che produci nell’orto o quelle che ti portano i vicini, tipo le uova: così uno si riabitua a consumare solo i prodotti di stagione, a costo di mangiare zucchine per due mesi di fila.

È come se si chiudesse il cerchio con la tua infanzia…
Sì, magari anche in modo inconsapevole, ho ritrovato quello che avevo da piccina.

Dicevi di tuo padre che faceva il vino, a proposito…
Sì, ne produceva uno “contadino”, rustico ma buono, e a me piaceva. Ho preso sbronze già da bambina, durante la vendemmia: portavo i tegami con la spremitura alla damigiana e me ne bevevo un po’ a ogni giro. Una volta me ne sono proprio andata… E adesso lo bevo sempre quando mangio, a pranzo e a cena: compriamo del buon Morellino sfuso in una cantina proprio qui a Scansano. Ma mi piacciono pure i superalcolici: grappe e whisky. Bevo in compagnia ma anche da sola: capita che mi metta in veranda col bicchiere pieno e il sigaro a guardare il tramonto… Non che sia un’intenditrice, ma riconosco i vini e gli alcolici buoni: col tempo mi sono fatta una certa esperienza.

Parlando d’esperienza, te ne sarai fatta una sulle cucine regionali, girando l’Italia in tutti questi anni. Zone preferite?
Su tutte l’Emilia, per la cura e la passione con cui tengono viva la cucina tradizionale: vado matta per la loro pasta ripiena, a cominciare dai tortellini in brodo. E poi il Piemonte, per il tartufo bianco, l’unica “puzza” che mi piace, tanto che quando capita che me lo regalino lo metto pure in bagno e in camera da letto, e per il Dolcetto, soprattutto dopo aver scoperto un produttore chiamato Nada! Apprezzo anche una certa cucina meridionale, perché usano molte verdure: non che sia vegetariana, ma carne ne mangio meno che posso, mentre adoro il pesce, anche se ultimamente quello che trovi è quasi sempre d’allevamento, perfino il rombo e l’orata.

Benché sia restia a mangiar carne, assaggia ugualmente un filetto di maiale saltato in padella col finocchietto selvatico. Ma già è concentrata sui dolci, la sua vera passione. Tra quelli in carta, sceglie e gusta una torta di pere e cioccolato.

Dicci di questo debole per i dolci, già che ci siamo…
Ha preso quota in maniera esagerata: quando vado al ristorante per prima cosa chiedo sempre cosa c’è di dolce, in modo da regolarmi per tenergli spazio. Vado matta per il mont blanc: sarà banale ma lo trovo irresistibile, e poi insieme alla panna ci sono le castagne. Fanno eccezione la cassata siciliana e la pastiera napoletana, gli unici dolci che non mangio.

Ci sono colleghi con cui ami stare a tavola?
Non me ne vengono in mente molti: di solito i musicisti non badano troppo al cibo, mangiano perché devono. E io ci faccio sempre la figura di quella fissata. Direi però Rita Marcotulli, la pianista jazz, con cui è piacevole bere vino, o Cristina Donà, che come me è attenta alla qualità del cibo. E ricordo di quando ero giovane, a metà anni Settanta, Paolo Conte: stava scrivendo insieme a Piero Ciampi le canzoni per un mio disco e mi portava nei ristoranti dell’Astigiano, solo che era il periodo in cui detestavo il cibo, così mi limitavo ad apprezzare l’atmosfera dei posti e a bere.

Adesso, invece, che cosa ti piace nell’andare a mangiare fuori?
Il fascino della convivialità, perché scegli il posto e che cosa mangiare, ma soprattutto la compagnia con cui farlo, generalmente amici. Dev’essere un momento di assoluto relax, insomma.

Ci sono posti dove vai abitualmente?
Qui in Maremma è pieno: il ristorante dell’hotel Vulci, sull’Aurelia, specializzato in pesce, dove mi sento come fossi a casa, o Petronio, alla Marsiliana, dove invece cucinano soprattutto carne e cacciagione, uno dei pochi posti in cui mangio anche il cinghiale. E Da Maria a Capalbio, che fa cucina maremmana autentica, povera ma di qualità.

E all’estero?
Quando viaggio cerco di assaggiare le specialità locali, a patto che non siano troppo elaborate. Delle cucine straniere mi piace la cinese, ma quella fatta in casa, diversissima dall’altra che trovi nei ristoranti, che fa tanto McDonald’s, uguale dappertutto: un effetto della globalizzazione.

Potrete trovare qui l'impaginato dell'articolo, pubblicato su Slowfood 32.

Etichette: ,

2/26/2008

On-line Slowfood 32

Qui trovate il sommario, con gli articoli scaricabili in pdf.

I tre canovacci - La cronaca e la filosofia del Vi Congresso Internazionale di Slow Food, a Puebla (messico).

2/25/2008

La strategia dei Presìdi

L'editoriale di Serena Milano su Slowfood 32.

Nel 2008, otto anni dopo le prime impacciate e turbolente riunioni con gli allevatori piemontesi che hanno dato l’avvio al progetto, cosa rappresentano i Presìdi nell’universo di Slow Food e di Terra Madre?
Tanto per cominciare, sono ancora tutti lì, con radici vigorose avvinghiate alla terra e con la stessa energia dei primi mesi. La quota dei Presìdi chiusi rappresenta, sul totale, un’esigua minoranza. Passata la fase della novità, della curiosità iniziale, dell’attenzione mediatica quasi scontata per ogni nuovo progetto di Slow Food, i Presìdi continuano a crescere e a moltiplicarsi, anche in contesti lontanissimi dal loro luogo di nascita: sugli altopiani dell’Etiopia, sulle Ande, nelle oasi africane, sui mari del Nord. E ogni Presidio avviato aggiunge una prospettiva diversa e un significato nuovo anche ai più antichi. Molti dei “grandi vecchi” sono diventati maestri, punti di riferimento per i più recenti. Alcuni di loro (come il Presidio della castagna essiccata nei tecci, il Presidio della bottarga di Orbetello, il Presidio del culatello) sono ormai veri e propri centri didattici per produttori di tutto il mondo.
L’obiettivo economico dei Presìdi (ovvero un’adeguata remunerazione dei produttori), che nei primi anni è stato preminente e decisivo per ridare fiducia a un settore sommerso e misconosciuto, poco per volta ha messo a valore altri contenuti. Magari difficili da misurare, ma, sul lungo periodo, capaci di influire più profondamente sulle comunità locali. Quando i produttori dei Presìdi, assieme a Slow Food, scrivono i propri disciplinari di produzione, prendono coscienza del lavoro che fanno, si confrontano con i problemi della sostenibilità, del paesaggio, della salubrità, dell’innovazione compatibile. Temi che, gradualmente, li proiettano in un contesto culturale diverso, più ricco e articolato, che non si ferma ai soliti problemi del prezzo, del mercato e della qualità organolettica.
Otto anni fa i Presìdi sono nati per dimostrare che alcune realtà marginali avrebbero potuto riconquistare uno spazio – nella società, sul mercato –, e che i piccoli produttori, puntando sulla qualità, avrebbero potuto convivere con l’industria alimentare, rappresentandone il fiore all’occhiello.
Oggi sono diventati qualcosa di più strategico. Sono una delle prove che un futuro diverso per il nostro pianeta è possibile, che un progresso slegato dal semplice, lineare e vorace sviluppo economico è reale. Che il messaggio di Terra Madre non è astratto o utopico. Che la proposta politica e culturale di Slow Food non è priva di fondamento, anzi, è basata sulla più inattaccabile delle dimostrazioni: quella empirica.
Questi 300 piccoli, minuscoli progetti, fragili come sono fragili gli individui, incostanti perché gestiti dall’entusiasmo – incostante per sua natura – del volontariato e non da facoltose multinazionali, sono più potenti di qualsiasi ricerca di mercato, di qualsiasi studio scientifico. Perché possiedono la forza ecumenica dell’esempio; il linguaggio universale della realtà, fatta di uomini che escono a pesca, di donne che impollinano i fiori della vaniglia, di ragazzi che, dopo l’università, scelgono di coltivare la terra nel devastato Salernitano, o di acquistare a rate qualche vacca e produrre formaggi a latte crudo nel Vermont. Donne e uomini che, grazie a Slow Food, non sono più soli, ma dialogano con produttori di tutto il mondo, cuochi, tecnici, docenti. Che hanno ottenuto il rispetto delle istituzioni e l’attenzione dei mezzi di comunicazione.
Nel 2008 Slow Food continuerà a prendersi cura dei 200 Presìdi italiani e dei 110 progetti avviati negli altri Paesi (58 in Europa, 6 in America del Nord, 29 in America Latina, 8 in Asia e Medio Oriente, 9 in Africa). Si concentrerà su alcune questioni delicate, come la necessità di mettere a norma i produttori di formaggi, carni e salumi senza snaturare i loro prodotti e la valorizzazione di territori di origine anche per prodotti di cui raramente i consumatori conoscono la provenienza (il caffè, il cacao, le spezie).
Saranno attivati 30 nuovi Presìdi, che nasceranno nel Sud del mondo e dove le associazioni di Slow Food saranno in grado di gestirli (alcuni di questi sono stati identificati lo scorso anno, come il caffè selvatico in Etiopia, la patata ozette negli Stati Uniti, l’emmentaler tradizionale in Svizzera).
E quando i Presìdi non potranno dare risposte adeguate ai produttori, si cercheranno altre soluzioni, come è già accaduto con la proposta di una rete di Mercati della Terra.
Al Salone del Gusto e a Terra Madre ci saranno tutti i Presìdi e rappresenteranno una orgogliosa e consapevole avanguardia del «buono, pulito e giusto».

Etichette: ,

2/11/2008

Da una settimana Slow Food è anche su MySpace

Veniteci a trovare nella rete, a questo indirizzo.

Etichette:

1/07/2008

Antonio, il cinema, il vino

Intervista ad Antonio Attorre di Giovanni Ruffa

In principio, per chi scrive, Antonio Attore è stato una firma sul Gambero rosso. Il primo, quello che usciva come supplemento al manifesto. Gli articoli raccontavano di pescatori dell’Adriatico, di cucina di mare e di vini di collina in modo nuovo e stimolante. E poi di una nuova, un po’ strana associazione chiamata Arcigola, sorta di congrega di barolisti di sinistra. Poi, in quella associazione che voleva il piacere per tutti entrammo anche noi, e allora Antonio divenne prima una fisionomia familiare, poi un amico. E un collaboratore fisso della casa editrice che intanto era nata. In tutte le pubblicazioni attraverso le quali Slow Food Editore ha costruito il proprio catalogo compare il suo nome. È fin dalla prima edizione referente per il centro Italia di Osterie d’Italia e di Vini d’Italia. Ha firmato Itinerari Slow e ricettari. Scrive da sempre per le riviste dell’associazione. Insieme abbiamo curato la prima edizione della Guida al vino quotidiano, e Antonio ha dato il suo contributo al Piacere del vino, a Slow e, infine, a Slowfood.
Accanto agli interessi per l’enogastronomia ha però sempre coltivato, lui, tra i primi a laurearsi al Dams di Bologna, un giardino personale, in cui ha nutrito e fatto crescere una passione consapevole per la musica e il cinema. Il risultato non è soltanto un patrimonio di dischi e cd, di videocassette e dvd, ma pure pubblicazioni come Eccentrici clowns, appunti di sociologia della musica, la presentazione del libro fotografico di Lucia Baldini Giorni di tango, Le lune e il saper fare, raccolta di articoli e brevi saggi.
Ora i due amori si sono uniti. Il risultato è Château Lumière – Brindisi ed ebbrezze al cinema, un percorso originale che, passando da Hitchcock a Chabrol, da Tavernier a Ioseliani, da Wilder a Kaurismaki, rilegge la storia del cinema da un’angolazione particolare, attraverso il filtro di una coppa di Champagne o di un bicchiere di Chianti. Titoli recenti, si legge nell’introduzione, hanno fatto scrivere e discutere di vino un pubblico ben più ampio di quello, solito, degli addetti ai lavori, ma da sempre il vino sullo schermo svolge funzioni diverse: è simbolico, identitario, narrativo, metaforico. L’attenzione per gli aspetti legati a un mutato consumo del vino, poi, letti in particolare attraverso la filmografia italiana del dopoguerra, fanno del lavoro di Antonio un efficace strumento di analisi sociologica e antropologica, capace di seguire la metamorfosi di un paese, l’Italia, passato in poco più di mezzo secolo dalla dimensione rurale a scenari post-industriali. Poi ci sono Hollywood e le nuove cinematografie orientali, Bertolucci e James Bond, Olmi e Il pranzo di Babette, Ferreri e Debord, in una documentatissima ricostruzione che farà la gioia ai cinefili e aprirà inedite prospettive a ogni lettore.
Abbiamo parlato con lui. Del libro e d’altro.

Nel tuo libro osservi come il vino al cinema, un tempo spia di mutamenti economici, sociologici, antropologici, esprima spesso, oggi, il desiderio di modi di vita meno stereotipati e costrittivi, in una parola più slow. Si tratta, secondo te, di una tendenza reale nel mondo contemporaneo o di uno stilema cinematografico?
Direi di sì, anche se con una valenza perlomeno duplice: c’è una percezione, un nuovo interesse per il vino che contiene più o meno direttamente ricerca di autenticità, attenzione al particolare e a una dimensione personale e artigianale del fare, e c’è parallelamente l’affermazione senza precedenti del vino come status symbol, al tempo stesso elitario e di massa.

Negli ultimi tempi almeno due film hollywoodiani – Sideways e Un’ottima annata – hanno il vino come protagonista. Pensi che il loro successo possa avere positive conseguenze sull’educazione a un consumo consapevole, inducendo altresì nei produttori filosofie “buone e giuste”, nel Nuovo Mondo enologico e non solo? Oppure si tratta soltanto di un filone, di una moda come tante?
Entrambi i film testimoniano l’alto valore culturale riconosciuto al consumo consapevole di vino e ne esaltano, nei toni lievi della commedia cinematografica, il valore metaforico: dimensione riflessiva, vita rilassata e, diciamo, sobriamente edonista, sottilmente critica nei confronti dell’omologazione in agguato. La reazione comicamente rabbiosa di Paul Giamatti agli standard e all’organizzazione “fordiana” di una cantina californiana, in Sideways, e l’ironia nei confronti dell’enologo in doppiopetto che arriva in Limousine nel vigneto provenzale sembrano autorizzare un’interpretazione in questa chiave.

Come mai questo ritorno dei documentari (anche nel settore enologico, come nel caso di Mondovino)? Non esiste più un cinema di fiction capace di raccontare storie ma anche di fare analisi, critica, denuncia?
Nelle riflessioni sul gran momento del documentario sono in molti a cogliere l’elemento di debolezza narrativa e critica di molto cinema di fiction, ma anche di una certa inadeguatezza del giornalismo d’inchiesta tout court rispetto a una realtà dominata dalla spettacolarizzazione e dal virtuale. Inoltre, la scelta del documentario da parte di molti registi – più o meno giovani e che continuino o meno a realizzare anche cinema di fiction – nasce anche da una ricerca di sperimentazione linguistica, da un’esigenza di maggiore libertà nella scelta di storie, tematiche, ambienti e, soprattutto, nello sguardo.

A proposito di Mondovino. Molte voci critiche si sono levate dal mondo degli addetti ai lavori rispetto al lavoro di Nossiter. Che cosa ne pensi?
Credo che si debba distinguere tra le reazioni del mondo del vino, abbastanza diverse tra loro, a quanto mi risulta, negli Usa e in Europa (in Francia in particolare, dove attorno al film si è sviluppato un vero e proprio dibattito culturale di rilievo), e quelle della critica: in questo ambito Mondovino (di cui è bene ricordare che la versione cinematografica uscita nelle nostre sale non è che una riduzione del materiale integrale strutturato in 10 puntate documentaristiche, regolarmente programmate in questa forma dalla televisione francese e pubblicate anche in dvd) ha avuto un’accoglienza a volte tiepida, soprattutto sul piano tecnico-stilistico. Ma naturalmente è sul terreno della denuncia anti-globalizzazione che si è giocata la partita più accesa, con reazioni talvolta estreme rispetto ai contesti, ai personaggi a loro volta in qualche modo estremi presenti nel film. Vorrei dire che, in ogni caso, va riconosciuta a Nossiter un’indubbia capacità di lettura antropologica del mondo del vino e che certe caratterizzazioni quasi grottesche (penso all’enologo wine-star che scende e sale da un aereo all’altro, compiaciuto del proprio potere e del tutto incapace di autoironia) non sono certo frutto di una presunta demagogia dell’autore, bensì testimoniano con involontaria comicità l’universo culturale di alcuni protagonisti del film.

Tra le pagine più interessanti di Château Lumière ci sono senza dubbio quelle che analizzano la difficoltà di raccontare per immagini le percezioni sensoriali. D’altra parte, verifichiamo quotidianamente la povertà della televisione nel mettere in scena il cibo, il vino e le realtà da cui originano. Come mai, a cinquant’anni da Soldati e dal Viaggio lungo il Po, il giornalismo per immagini appare così inadeguato a cogliere l’essenza della produzione e del consumo enogastronomico?
La spettacolarizzazione banale, il sensazionalismo, la chiassosità e l’autoreferenzialità segnano gran parte della produzione televisiva che, simmetricamente, rivela scarsa capacità d’ascolto e di attenzione al particolare. Vino e cibo mi sembra non sfuggano a questo scenario, né può essere casuale che le formidabili trasmissioni di Soldati, tra le altre cose profondamente innovative proprio rispetto all’uso del mezzo televisivo, siano cadute nel dimenticatoio e a nessuno – se non, meritoriamente, Fuori Orario su Rai3, seppure in orari notturni – sia venuto in mente di riproporle. Il fatto è che quell’attenzione per la dimensione artigianale che era la cifra del Viaggio di Soldati conteneva a sua volta una capacità artigiana di scrivere o di filmare che oggi si fatica a ritrovare nei palinsesti televisivi come in molte pagine dei quotidiani.

Al di là dell’atteggiamento storico-critico, puntuale nel ripercorrere la presenza e il ruolo del vino al cinema, mi pare di cogliere, nell’Antonio Attorre cinefilo, malcelate simpatie per registi irregolari e poco inquadrabili, come Ioseliani e Kaurismaki. Sbaglio?
In effetti amo molto i registi che citi, e altri irregolari come Cassavetes o Jarmusch, ad esempio, per i quali le scelte di soggetti inusuali o periferici coincidono con scelte stilistiche di grande libertà narrativa e che considero salutari, nel senso che tendono a stimolare le capacità percettive e critiche del pubblico. Anche qui: nella prevalenza di produzioni standardizzate, prevedibili, piattamente seriali i piccoli film di questi autori hanno un sapore artigianale, e producono una sorta di ecologia della percezione. Gli ironici bevitori di Ioseliani, poi, esprimono una critica di alcuni aspetti della modernità, e il bicchiere di Kaurismaki ha talvolta il valore di un gesto di resistenza.

Dopo tanti libri, a quando un film su Slow Food? I temi non mancherebbero. Dal diritto al piacere all’elogio della terra, dai neo-forchettoni ai contadini del mondo, dalle tavolate conviviali alle comunità di destino. E poi l’ebbrezza, la festa, l’impegno, il viaggio…
Nei mesi scorsi mi è capitato di leggere due importanti saggi sui consumi (La globalizzazione del nulla, di Ritzer e L’impero irresistibile di Victoria de Grazia) che, nella parte finale, analizzano il movimento Slow Food riconoscendone l’enorme valore antagonista alle tendenze omologatrici. Questo per dire che i tempi sarebbero più che maturi per un documentario articolato sulla chiocciola. Nell’irresponsabilità dell’immaginazione, però, dico che mi piacerebbe poter vedere un bel film di fiction che riuscisse a cogliere l’anima slow coniugando, diciamo, il gusto affabulatorio di un Soldati e la leggerezza di un Billy Wilder.

Per saperne di più sul libro di Antonio Attorre o per acquistarlo potete andare qui..

Etichette: ,