Chiacchiere di vino, musica e cucina/Slowfood

Uno spazio in cui leggere in anteprima e dibattere gli articoli della rivista italiana di Slow Food: osterie e locande d'Italia, recensioni, Presìdi, inchieste, desco music, itinerari del vino e dell'olio, balloons, biodiversità, Comunità del cibo, degustazioni, cultura alimentare…

9/27/2007

Gli scatti da Cheese

Si è chiusa la sesta edizione di Cheese, con una stima di circa 150 mila visitatori in quattro giorni, di cui il 30% provenienti dall’estero: si conferma il successo dell’edizione record 2003 con un notevole incremento della vocazione internazionale dell’evento. Anche se la lettura del successo di quest’anno non deve solo fermarsi ai numeri, ma soprattutto alla qualità del pubblico, le cifre parlano chiaro.
Affluenza record alle aree degustazione: 19 mila ingressi nella Gran Sala dei Formaggi e 60 mila calici di vino distribuiti in Enoteca; 32 mila piatti serviti nello spazio dedicato al Cibo di strada.

Tanti visitatori preparati e aperti alle curiosità nel Grande Mercato dei Formaggi, dove i produttori delle 186 bancarelle hanno esaurito quasi tutti i prodotti in vendita. Piccole produzioni locali, spesso sconosciute ai più, che solo a Cheese riescono a uscire dall’ambito prettamente locale.
Uno spazio particolare quest’anno è stato dedicato a chi acquista, seleziona, stagiona e vende il formaggio: nella Strada degli Affinatori era possibile scoprire chicche provenienti da tutta l’Europa, con ampia scelta di blue, in particolare francesi, irlandesi, inglesi e naturalmente italiani.

Spazio alle rarità italiane da salvaguardare nell’area dei Presìdi, visitata da un pubblico già informato sui progetti attivati dalla Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus. Venduti e degustati 450 Kg del friulano formadi frant, mentre il fiore sardo dei pastori ha raggiunto quota 400 Kg. Anche il parmigiano reggiano prodotto dalle razze tutelate grazie ai Presìdi, è stato apprezzato: andate esaurite 7 forme di quello di vacca bianca modenese per un totale di 260 Kg, e 700 Kg di parmigiano da latte di vacca rossa, pari a circa 20 forme.

Cheese è stato anche un importante progetto didattico, realizzato con successo: oltre 400 bambini e 60 insegnanti di 12 classi delle scuole materne, elementari e medie, hanno partecipato a Le sfumature del latte e La filiera del formaggio, i 21 appuntamenti organizzati nel Circo dell’Educazione del Gusto. Più di 1000 ragazzi e bambini accompagnati dai genitori hanno seguito i percorsi educativi extrascolastici: Cheese Bimbi e Teniamoci in forma...ggio.

E ancora…
I concerti serali di Giuliano Palma & the Bluebeaters, Ambrogio Sparagna e l’Orchestra popolare italiana, Banda Osiris hanno richiamato a Bra oltre 12 mila persone, mentre nel Caffè letterario e musicale di Slow Food Editore, in una dimensione più raccolta, si sono svolti concerti un-plugged, che hanno spaziato dai ritmi zigani alle pizziche salentine, dalle nuove leve della scena indie indipendente al calore di un contrabbasso perso in una prosa jazz.

Insomma, un successo…
Eccovi qualche scatto di Maurizio Milanesio, Marcello Marengo, Maurizio Burdese…

La Gran sala dei formaggi vista dall'esterno…


e dall'interno…


e l'enoteca che ospitava.


Il concerto di Giuliano Palma della prima sera, con 4000 spettatori pigiati in piazza Caduti per la libertà…


La folla nelle strade di Bra…


ancora uno spicchio della "carica dei 150 mila…


e poi il circo dell'educazione alimentare destinata ai bambini nei Giardini della Rocca…


e i diligenti studenti nei laboratori del gusto…


Gianmaria Testa opsite del caffé letterario di Slow Food Editore…


e Ambrogio Sparagna intervistato da Mao di Radio Flash, che per l'occasione ha montato lo studio nel cortile di Slow Food Editore…


insieme a Sergio Berardo, dei Lou Dalfin…


e alla Banda Osiris.


Formaggi…


formaggi…


formaggi…


Presìdi e Comunità del cibo di Terra Madre…


animali…


e ancora musica, a Cheese, con i nostri dj, Fabrizio Gargarone dell'Hiroshima e Carlo Bogliotti, di Slow Food…


i Bruskoi Triu…


la Garola Band…


i sorprendenti My Awesome Mixtape, sia nel caffé letterario musicale, sia a notte fonda nella storica "grotta" di Bra, Le Macabre.


E ancora, lo staff di Radio Flash/Top-ix, che ci ha garantito la diretta in streaming dei quattro giorni della manifestazione…


e il folle corteo finale per le vie della cittadina con i Pappazzum…


Insomma, se ne sono viste di tutti i colori, di tutti i sapori, di tutti i gusti.
E adesso, tutti a Modena per Gusto Balsamico!

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9/11/2007

Il banchetto del linguaggio

Sono nato nel cuore dell’Inghilterra, la contea del Warwickshire, in un paese di 1500 anime quietamente adagiato tra campi ordinati, praterie e boschi.
Quei campi iniziavano proprio in fondo alla strada, a pochi passi dalla mia casa. Un confine senza demarcazione, che non è confine.
Adesso devo camminare per miglia e miglia prima di lasciarmi alle spalle un crogiolo ribollente di umanità, per non vedere più le lunghe mura diroccate che racchiudono 130 chiese, innumerevoli edifici e centinaia di viali e strade. Un enorme palcoscenico sul quale si agitano almeno 200 000 persone! Recinti per il combattimento dei galli e arene per la lotta, patiboli e palchi improvvisati, campi di bocce e bordelli, tanti quante le locande.
Proprio la terra di nessuno dei sobborghi è, assieme al centro, quella più fertile di visi, storie, incontri.
Schiere di nullatenenti, artisti di strada e manigoldi occupano le vie affollate e maleodoranti. I londinesi sono soliti attraversarle tenendo sotto il naso piccoli mazzi di fiori e chiodi di garofano. Ma non è l’odore la principale preoccupazione, è la peste. È lei l’incubo, il flagello che incombe, il demone che si cerca di tenere lontano dalle case bruciando candele profumate ed erbe.
Camminando per l’agglomerato mi imbatto nella moltitudine di diseredati che vive di carità, vagabondi giunti nella capitale in cerca di un minimo sostentamento. Presso la chiesa di San Dustans East ogni domenica c’è una distribuzione di carne e pane; lo stesso avviene a San Zaccaria, che ha tra i suoi benefattori un cuoco famoso, Stefano Robert. Molti sono i filantropi che istituiscono rendite, come il negoziante di stoffe William Gilborn che garantisce ai poveri ben 12 pani domenicali. Tra i tanti luoghi di raduno spicca la cattedrale di St. Paul, che sorge nei quartieri poveri e sul cui spiazzo si raduna un’intera corte dei miracoli: giocolieri, clown, mendicanti. I dintorni sono “la capitale dei ladri” e sui suoi gradini si dà convegno tutto quello che “fa gran rumore in città”.
A Westminster si recano, invece, a dorso di mulo e in uniforme, gli opulenti giudici: uomini dal ventre rotondo, foderati di grassi capponi, con la barba magistralmente tagliata, colmi di sagge massime e di procedimenti tortuosi ma che proclamano infallibili. Avvocato, infatti, è la parola usata dai cortigiani per fagiano; dato che quando i contadini devono presentarsi a corte per consultare i legali e ottenere giustizia sono soliti portare in dono fagiani, polli o cacciagione. Forse è per questo che present, “regalo”, e pheasant, “fagiano”, sono così simili.
Ah le parole, che meravigliosi giocattoli! E quante ne sento intrecciarsi e rincorrersi per le vie. Ogni personaggio ha un tono e un dire inconfondibili. Una moltitudine di visi, voci, gesti, smorfie.



La mitria, la Sirena e il club del venerdì
Ma c’è un luogo, tra tutti, nel quale si concentra quella brulicante galleria di caratteri, di attori inconsapevoli: la taverna.
La taverna è il cuore pulsante della vita londinese, un palco sul quale scorre la vita reale con tutti i suoi tipi, microcosmo nel quale si appartano, si riuniscono, discutono, litigano, duellano, scrivono e amano anche i poeti e i drammaturghi. Nei gesti e nel vestire sono indistinguibili dagli altri avventori.
Tra le mura cittadine i locali sono centinaia. Casupole in legno dal tetto appuntito e il piano inferiore che si protende sulla strada con lunghi travi, l’insegna dondolante e una gotica, fagocitante oscurità. L’orso bianco, La taverna rossa, Il vascello e la stella, Il leone rampante, L’orso incatenato, questi sono i loro nomi. Celebre per i suoi vini è Il cigno, in Chering Cross.
Cheapside è una distesa di osterie le cui insegne rivaleggiano scontrandosi le une con le altre, tanto si susseguono dappresso lungo le vie. Dalle loro porte sono passati i più grandi autori del secolo e tra le loro mura si sono fronteggiate le due scuole letterarie più in voga del momento, il classicismo e l’eufuismo. La prima difende i canoni tradizionali, aristotelici, della poetica, la seconda si apre al gioco d’ingegno, all’artifizio retorico, a una brillante e gradevole leggerezza dell’intreccio. I loro araldi si chiamano Sidney e Lily, Nasch, Greene, Middleton, Jonson… Tutti concordi, comunque, nell’apprezzare vini, birra e liquori, come il sack, vino bianco importato dalle Canarie, il corposo rosso di Madeira, lo cherry, il bitter, amaro liquore d’erbe, e il metheglin, antica bevanda medicale composta di acqua e miele fermentato, pronipote della divina ambrosia.
La mitria, aperta nel 1475, è il ritrovo dei classicisti mentre La sirena di Bread Street è rifugio degli eufuisti. Le dispute passano così dal piano letterario, dalla difesa di Plauto, Euripide e Ariosto, al vanto culinario delle rispettive cucine, dalla lettura degli autori della decadenza latina all’elogio della cantina meglio fornita. Se un personaggio di Middleton afferma: «Per me non esiste che La mitria. Servizio inappuntabile, diligentissimi camerieri… vini superlativi. È una taverna con la quale La sirena non ha niente a che vedere…», Jonson risponde prontamente con un’epistola che rivendica la superiorità di quest’ultima. D’altronde, come egli stesso afferma: «Si rovina a mezzo la vita colui che, avendo commercio con le muse, non beve vino».
Quanto a me, prediligo La sirena e il suo stile ma, in realtà, sono una sorta di ponte, di mediatore. Mi piace sedere appartato e osservare, accostare le due scuole, i loro interpreti. Faccio parte del Friday club, un’organizzazione di scrittori, poeti e attori fondata nel 1603 da Sir Walter Raleigh, che si riunisce il primo venerdì di ogni mese. Tra gli affiliati ci sono John Donne, Francis Beaumont, John Fletcher e, ovviamente, l’immancabile Ben Jonson col quale, talvolta, discuto per ore. In quei duelli verbali mi sento come una guizzante nave da guerra inglese e immagino maestro Jonson massiccio e possente come un galeone, ma lento nelle manovre, mentre io posso accostare e virare con ogni mare e trarre vantaggio da ogni vento.
Seduto nella luce incerta delle lanterne a olio, però, tra il gioco dei dadi e delle carte, sotto i piccoli riquadri delle finestre che lasciano sfuggire in strada zaffate di vino e nuvole di fumo, risa, grida e bestemmie, medito sulla natura umana. Sul demone del vino che accomuna il manovale e il gentiluomo, lo scrittore e la cortigiana.



Tavole per ogni stomaco
Ci sono tavole per ogni stomaco, pasti abbondanti e piatti abbastanza vari: bistecche, braciola di maiale, carne di montone e di vitello, coniglio, uova al burro, ostriche, anguilla marinata, pesci di lago, pasticci di interiora – il quinto quarto dell’animale destinato ai poveri – dolci di frutta secca e spezie e manchet, un pane di grano d’ottima qualità, appena sfornato.
Specialità di una delle taverne più amate da Jonson, L’antilope, è la patata, di fresca importazione dal Nuovo Mondo e molto alla moda. Così la elogia l’autore di un erbario: «Ho messo nel mio giardino diverse piante di questo tubero, comperate alla Borsa di Londra, e ne ho mangiati i frutti arrostiti sotto le ceneri. So che vi sono di quelli che le mangiano nel vino e altri che le preferiscono arrostite con le prugne; in qualunque maniera esse siano preparate, sono nutrienti, confortanti». D’altronde, i clienti dell’Antilope sono persone abbienti, uomini di corte e della buona società cui la moda impone di disdegnare quarti di daino e fagiani in salsa in onore di un bel pasticcio di “esotiche” patate. Il che si confà a una singolare disposizione della defunta sovrana, Elisabetta I, la quale predispone per i sudditi della corona ben tre giorni di magro durante la settimana – lunedì, mercoledì e venerdì –; in realtà, se non soprattutto, con l’intento di incrementare la prosperità dell’industria ittica inglese.
Però dicono che la stessa regina non fosse troppo severa con chi eccede in vino e libagioni. Alla sua corte si svolgevano feste nelle quali, col pretesto della mitologia, si dava luogo a veri e propri baccanali. E il suo successore, Giacomo I, non è da meno. Come racconta il segretario di stato Barrow: «Durante la visita del re di Danimarca Cristiano II non ho fatto altro che banchettare e godermela. Ogni sorta di piacere mi ha occupato a tal punto che mi sembrava di essere arrivato nel paradiso di Maometto. Abbiamo avuto vino e delizie di ogni genere in così meravigliosa abbondanza che ogni spettatore sobrio deve essere rimasto di stucco. Le ladies stesse, hanno abbandonato ogni sobrietà e rotolano sotto gli occhi di tutti in uno stato di completa ubriachezza». Pare che in quei giorni, durante una rappresentazione teatrale, una dama che impersonava la regina di Saba cadde, del tutto ubriaca, sulle ginocchia del re danese il quale cercò di sollevarla e danzare con lei, ma piombò anch’egli ubriaco ai suoi piedi. La donna fu trasportata sul letto reale e non vi dico quali presenti la sua bocca rovesciò sulle auguste coperte: vini, creme, confetti, gelati, ma soprattutto vini.

Il cibo della parola
La vita è teatro e il teatro non è altro che la vita osservata con attenzione ed esibita ai suoi protagonisti. Quelli stessi che per dire «bere forte» dicono «tingere scarlatto il volto» e sentono ripetere, per l’intera vita, frasi come «tutto d’un fiato», «otto scellini e sei», «una pinta di moscato alla numero quattro».
Se nobili e popolani sono accomunati dal bisogno di spendere la moneta universale del vizio, cosa differenzia gli uomini? Quel che di sé rivelano nell’attimo dell’abbandono, mostrando ciò che si cela dietro le quinte dell’esistenza.
L’ambiguo dono di Dioniso, grazie alla sua capacità di elargire ebbrezza liberatoria, svela la duplicità dell’animo: da un lato, rende lo spirito perspicace, vivo, inventivo, pieno di forme agili, ardenti e dilettevoli; dall’altro trasforma l’uomo in una maschera grottesca che indugia nei peggiori istinti.
L’equilibrio è solo un momento nell’oscillazione del pendolo delle passioni. L’amore, la gelosia, la vendetta, la brama di potere, ecco i grandi protagonisti delle vicende umane, il loro motore, il condimento, il sale delle pietanze della vita.
Il vero cibo del drammaturgo è, invece, la parola. Tra metafore e allegorie, nell’infinito gioco del narrare si dipana la sua infinita potenza: «Words are a very fantastical banquet»!
Dimenticavo. Di me sentirete dire molte cose, alcune autentiche, altre – davvero degne d’un mio personaggio – troppo belle per esserlo. Addirittura che non sono io, ma le mentite spoglie d’un altro autore, Christopher Marlowe, amante di donne e duelli, agente segreto e gran frequentatore di osterie che, secondo una fertile fantasia, inscenò la propria morte – in una locanda appunto – per vivere appartato di sola scrittura. Diranno che sono un nobile e ho assunto l’identità del figlio d’un pellaio di campagna per poter descrivere e pungere con la mia penna la vita e i costumi di corte. Oppure, che sono davvero il figlio d’un guantaio, fuggito dal proprio paese per aver cacciato di frodo. Cercando fortuna a Londra ho frequentato bettole e bassifondi, leggendo nel loro specchio oscuro la natura umana. Ho così, infine, fatto il capocomico e l’impresario e ho nutrito di quelle figure commedie, drammi e tragedie, firmandole con l’unico nome che mi è toccato in sorte: William Shakespeare.

*Il testo è un libero riadattamento dell’autore, Roberto Carretta, ispirato al tema del libro In taverna con Shakespeare. Amori, vendette e inganni a banchetto, Il leone verde Edizioni, Torino, 2005.
E' stato pubblicato su Slowfood 28, le Illustrazioni sono di Daniela Villa.

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9/05/2007

Sorridi, va di scena il formaggio

Negli anni, edizione dopo edizione – quella in arrivo sarà la sesta –, Cheese ha saputo imporsi nel vasto panorama internazionale degli eventi dedicati alle produzioni casearie. Autentico punto di riferimento per produttori, allevatori, affinatori, giornalisti e appassionati, nel 2005 si è visto riconoscere l’appellativo di mostra internazionale, titolo assolutamente meritato per quanto nel tempo proposto e per l’attenzione che gli è stata dedicata in tutto il mondo.
Cheese 2007 proseguirà in questo alveo, amplierà e consoliderà ancora di più il suo aspetto internazionale proponendosi di diventare l’edizione con le maggiori testimonianze straniere mai organizzata e aprendosi in maniera tangibile a produzioni poco note come quelle dell’Europa dell’Est e altre rare specialità mondiali.
Cheese è senza dubbio pervaso di filosofia slow: il suo svilupparsi all’aperto lungo le vie e le piazze di Bra, il connotarsi come l’indispensabile tassello di una gita, l’essere mercato, fiera, manifestazione, evento che si svela angolo dopo angolo e che va scoperto e vissuto seguendo un colore, un profumo, una voce. Si tratta, insomma, di un appuntamento dedicato a tutti coloro che prediligono una giornata all’aperto, in luoghi autentici dove vivere, annusare, perdersi e ritrovarsi discutendo degli afrori di quel caprino cremoso o di quel particolare pecorino che arriva da così lontano.
Diversi sono i percorsi, ma uno solo l’obiettivo: garantire a tutti i visitatori una sequenza ininterrotta di piacere e divertimento, di conoscenza e gusto. L’unico requisito richiesto per goderne appieno è la voglia di girare, di perdersi tra la folla per vivere ogni luogo e momento della manifestazione che mai come quest’anno si rivela variegata nelle proposte.

A Bra, nelle Langhe e nel Roero
Ad aiutare i visitatori nel loro girovagare tra saperi e sapori penserà ancora una volta la chiocciolina che, attraverso tre colori identificativi – blu per i percorsi educativi, arancione per le realtà da tutelare e giallo per il mercato che riteniamo doveroso promuovere –, guiderà i visitatori lungo labirinti caseari, attraverso una rara esperienza sensoriale fatta di diversi aspetti, dai più ludici e giocosi ai più seri e profondi.
A Bra, dal 21 al 24 settembre, le aree di esplorazione saranno molteplici, a cominciare dalla Gran sala che si presenta ai visitatori di Cheese con una faccia nuova, un restyling dei contenuti – il luogo sarà invece quello usuale, sotto le arcate del porticato dell’ala di corso Garibaldi – che la faranno amare ancora di più. Al suo interno troverete sezioni distinte dedicate ai caci del mondo: i formaggi a denominazione di origine protetta (dop) prodotti unicamente in zone di montagna e provenienti da Italia, Francia, Svizzera e Grecia; i formaggi dei Presìdi Slow Food italiani e internazionali, con i nuovi inserimenti da Capo Verde e Svezia; una sezione dedicata a formaggi di assoluto livello, ma di difficile reperibilità sia perché prodotti in piccole quantità, sia perché di lontana origine. In buona sostanza, si avrà la possibilità di assaggiare circa 200 formaggi cui abbinare oltre 1500 etichette selezionate e proposte nell’Enoteca situata all'interno della struttura.
Infine la Casa dei blu, continuazione ideale della Gran sala, offrirà i migliori formaggi a pasta erborinata (circa 70 varietà) prodotti con ogni tipo di latte, provenienti da tutto il mondo e di antichissima tradizione come lo stichelton del Regno Unito o di nuova concezione come il bleu d’Aoste. Qui il mariage col liquido di Bacco non potrà prescindere da una scelta obbligata per nobiltà d’abbinamento: vini dolci, passiti e liquorosi italiani e internazionali dai Sauternes ai Porto, dagli aromatici Sherry, Madeira Malmsey e Bual, agli Eiswein tedeschi o austriaci e Icewine canadesi. Il tutto condito dalle suadenti note della musica blues suonata dal duo composto da Massimo Zemolin e Luciano Caserta, con guest star il musicista Pete Berryman dalla Cornovaglia.
A Cheese parteciperanno produttori di diverse comunità del cibo, artigiani pronti a illustrare le tradizioni agroalimentari dei loro Paesi (quest’anno ci si focalizzerà sull’Europa dell’Est, con la Romania e la Bulgaria in prima fila), lavorazioni tradizionali fatte di passione e qualità, rarità casearie che hanno rischiato l’oblio.
Cultura, divertimento, relax ma anche ristorazione come specchio di differenti realtà territoriali. Ecco, dunque, in piazza XX Settembre, la possibilità di gustare antiche ricette a base di formaggio proposte come classico mangiare di strada in abbinamento all’eterogenea offerta di birre artigianali, italiane ed estere, spillate da alcuni tra i migliori mastri birrai. Per scoprire le ricette tradizionali, conoscere i segreti delle produzioni tipiche e gustare ottimi spuntini ci si può recare nel cortile delle scuole maschili.
Inoltre, com’è normale per un appuntamento che vuole coinvolgere il territorio, l’atmosfera festosa di Cheese abbraccia anche il comprensorio langarolo e roerino. Così, ai tavoli di alcuni tra i migliori ristoranti e osterie piemontesi oppure ospiti di maisons storiche e ville d’epoca altrimenti inaccessibili si potranno apprezzare sia la cucina locale sia i piatti e le ricette di altre regioni italiane o di Paesi stranieri, proposti da firme quali Jean-Paul Jeunet di Arbois (Jura) o dagli chef del Fancy di Sofia, solo per citarne alcuni (consultate il programma e prenotate, anche on-line, al sito www.slowfood.it).
Come non citare i Laboratori del Gusto, appuntamento consueto in ogni evento targato Slow Food? A Cheese saranno 33, dove i partecipanti potranno apprendere, confrontare, assaggiare, toccare con mano i prodotti, affinando la loro sensorialità. Il tutto con il fine di esaltare il piacere gustativo attraverso una migliore conoscenza di ciò che ci sta dinanzi (cibo o bevanda che sia), descritto da esperti con l’aiuto degli stessi produttori, allevatori, affinatori, selezionatori chiamati a intervenire.
Durante i quattro giorni della manifestazione braidese il percorso di degustazione comprenderà pecorini, caprini, vaccini di montagna, paste filate e caci provenienti da tutto il mondo, come i caprini australiani presentati da Will Studd, i formaggi di Polonia, Romania, Bulgaria, Bosnia, fino a quelli del Nord Europa (Islanda, Svezia, Norvegia). E, ancora, formaggi da Capo Verde, Stati Uniti, Grecia, Belgio, Francia, Portogallo, Svizzera. Tutto questo senza tralasciare la tradizione del latte fermentato della cultura mediterranea e mediorientale, con un appuntamento dedicato all’assaggio di yogurt, kefir e labnè.
Ma Cheese non sarebbe davvero slow se non ponesse anche la dovuta attenzione al coinvolgimento dei bambini: ecco quindi il Circo dell’educazione del gusto di cui si può leggere nelle pagine successive. Vi troverete mini laboratori, pensati espressamente per i giovanissimi dai 4 ai 12 anni, che potranno non solo assistere, ma produrre essi stessi, scoprendosi piccoli e abili artigiani sotto la guida di esperti. Ci saranno anche giochi per rieducare i sensi, per scoprire i profumi e i sapori del cibo, e per imparare che il nostro corpo è la principale fonte di informazioni su quel che mangiamo.
E, ancora, il Caffè letterario musicale nel cortile di Slow Food Editore, dove gli ospiti saranno accolti in una situazione conviviale e potranno ascoltare concerti unplugged, assistere alla lettura dei quotidiani del mattino o alla presentazione di libri e riviste del settore enogastronomico, gustando un caffè o un gelato dei Presìdi.
Infine l’Asta del Vino, che si svolgerà presso l’Agenzia di Pollenzo, un evento di respiro internazionale aperto a tutti, dove le battute d’asta avverranno in collegamento contemporaneo con altre piazze mondiali.
Valter Bordo

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